. |
Bill Nelson Quit Dreaming and Get on the Beam/The Love That Whirls (Diary of a Thinking Heart)/Chimera
Bill Nelson Quit Dreaming and Get on the Beam/The Love That Whirls (Diary of a Thinking Heart)/Chimera
(Mercury/Universal)
www.billnelson.com
Three reissues to rediscover a cult figure of three decades, and a reminder to reinforce the opinion of those who assert that Bill Nelson should get the same recognition of Japan, Ultravox and Yellow Magic Orchestra.
Difficile seguire l’opera di Bill Nelson. In più di trent’anni l’ermetico chitarrista inglese ha gestito la propria carriera con un’autosufficienza anarchica e iperprolifica, licenziando compagni di gruppo e collaboratori, riversando la propria vita privata nei dischi e in generale ponendo sempre sotto esame la propria figura di artista. Oggi escono tre ristampe del periodo passato con la Mercury Records, probabilmente il più rilevante sotto il profilo artistico, tre squarci nella cortina di disinteresse che da anni ammanta la figura di un vero creativo. Quit Dreaming and Get on the Beam è il primo album pubblicato a proprio nome, Nelson era uscito dallo scioglimento dei Be Bop Deluxe pubblicando un LP sotto lo pseudonimo Red Noise e il cambiamento fu radicale, dal glam-rock virtuosistico delle precedenti uscite il suono si era fatto ossessivo ed inquietante. In Quit Dreaming… prosegue su quella falsariga, col funk sintetico di Banal e il riff circolare di False Alarms costruisce strutture armoniche di una precisione assoluta, tenendo senza dubbio a mente i coevi King Crimson di Discipline. In certi momenti però non riesce a liberarsi di certe facilonerie pop che tolgono focus al tutto, come White Sound che potrebbe essere un pezzo malriuscito dei Cheap Trick. Piccole cadute di tono sparse qua e là intaccano la coesione dell’opera e dimostrano l’incapacità di trasformare la produzione in arma da sfruttare a proprio vantaggio. Sarà però una transizione necessaria verso altri suoni che verranno, e già nel successivo e sottovalutatissimo The Love That Whirls (Diary of a Thinking Heart) la chitarra finisce quasi sempre in secondo piano, chiamata solo ad impreziosire pezzi che di fatto nascono e maturano al sintetizzatore. L’album è così segnato da excursus strumentali (Waiting for Voices) imparentati col Brian Eno di Music for Airports e pop raffinato (Flaming Desire, Flesh) che guarda verso le romanticherie degli Ultravox. Rimarrà il lavoro più accessibile di Nelson e anche quello con le migliori composizioni, dall’intricata ragnatela ritmica di Hope for the Heartbeat (fra le bonus track c’è un remix che avrebbe fatto gola a molti DJ house dell’epoca) alle tessiture funk-pop di Eros Erriving o l’andamento marziale di He and Sleep Were Brothers. Chimera, EP uscito qualche tempo dopo, prosegue nell’esplorazione di una poetica ormai capace di fondere a piacimento elementi moderni e tradizionali. Siamo nei primi anni ’80 e l’incontro fra elettronica e suoni orientali va di moda grazie alle invenzioni della Yellow Magic Orchestra, ma è anche il periodo dei Japan e del loro prototipo di pop algido ed intellettuale. Nelson chiama Yukihiro Takahashi, batterista della YMO, e Mick Karn, bassista dei Japan, dimostrando di saper lottare ad armi pari con entrambi. Dallo scontro di tre personalità tanto eminenti scaturirà un lavoro che sposta l’equazione verso la componente ritmica, Glow World si lascia così andare ad un poliritmo forsennato che filtra una melodia orientaleggiante, Everyday Feels Like Another New Drug prova ulteriormente a perfezionare quell’idea di funk futurista che i tre musicisti perseguivano da anni, mentre la psichedelia metallica di The Real Adventure dimostra quanto Nelson si fosse ormai impadronito del proprio stile vocale. Senza dubbio un EP che avrebbe meritato di sbocciare in un album vero e proprio.
Bernardo Cioci
tutte le recensioni
Home - Il Popolo del Blues
NEWSLETTER
|
. |