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Elektra

Jac Holzamn on Elektra by C

Cosa spinge un ventiduenne di blasonatissima famiglia ebrea newyorchese a lasciare un futuro pieno di certezze per intraprendere la strada sconosciuta del "one man label"?
Perchè oggi è diventato così difficile bissare un successo come quello che portò Jac Holzaman, capo supremo e inventore della "Elektra", l'etichetta discografica dei Doors, dei Love, di Shirley Collins, della Butterfield Blues Band, di Delaney & Bonnie,di Tim Buckley e Fred Neil, delle Voice of East Herlem, di David Peel e mille altri ancora, avendere il suo impero al gruppo Warner Kinney nel 1970 per dieci milioni di dollari
?
Sono queste alcune delle domande che ho rivolto a Mr. Holzaman in persona in occasione della pubblicazione della sua biografia "Follow The Music" a cui seguirà presto un super cofanetto "The History of Elektra Records" curato da Lenny Kaye.
"A diciannove anni ho chiesto alla mia famiglia di "responsabilizzarmi" e mi sono sposato al Village. All'epoca era un posto quasi deserto e molto bello, chissà! nessuno ci voleva vivere e quei pochi erano sopratutto italiani e balordi beatniks che cercavano di tirara fuori il massimo dal loro talento artistico.
Io non ero musicsta ma avevo ed ancora ho un rispetto immenso per la musica, mia nonna mi aveva insegnato ad amarla e a rispettarla e a capirne le istanze "liberal". Pensai che volevo registrare e fermare ciò che più mi piaceva. Il suono era il mio secondo amore, il suono non l'alta fedeltà, come qualcuno ha erroneamente detto di me... e il suono voleva dire "location", ricerche, essere vicini ai musicisti.Fu una vita grama per un pò, finoa che non decisi di sfornare una"library" di effetti sonori e di ritenerne i diritti. Nel 1958 guadagnai 200.000 dollari netti avendone speso non più di 2000! Fu allora che nacquero i primi problemi. Capii che se avevo guadagnato uei soldi non era stato grazie alla musica ma a una idea, a una intuizione. cominciai a "ascoltare" con un altro tipo di attenzione.
Fu così che registrai un comico famoso all'epoca, Theodor Bikel, che divenne il mio "cash flow " per anni. Bikel aveva un pubblico che da tempo desiderava portare a casa ciò che Bikel diceva in pubblico. I suoi dischi andavano a ruba.
Nel 1962 a Londra ascoltai un suono nuovo; mi trovavo a Denmark street, la strada degli editori per trattare delle licenze e sentii provenire dallo scantinato dello stesso palazzo dove mi trovavo un suono ruvido ( il palazzo è quello che attualmente ospita il negozio di libri Helter Skelter). Scesi giù di corsa e lasciai il mio biglietto da visita al chitarista biondo del gruppo, un tipo che mi colpii subityo mentre agli altri non avrei dato una lira". Si chiamava Brian Jones, il gruppo: Roling Stones. Dissi loro che se non sapevano dove sbattere la testa io li avrei fatti incidere il giorno dopo. Non ricevetti mai una loro telefonata.Ma questo incontro mi fece capire che neanche Bikel bastava a soddisfare la mia curiosità.
Giravo per il Village la sera e oramai avevo anche chiuso il negozietto di dischi- più un club di culturi del folk che un vero negozio- perchè il lavoro c'era e io e mia moglie dovevamo pensare a tutto.Ma non riuscivo a ritrovare quel che avevo ascoltato quel giorno a Londra. decisi allora di muovermi, intanto in uterritorio nuovo: quello dei brani di cui fosse esaurito, s emai fosse esistito, un qualsiasi diritto da parte di qualcuno. Nacque così la Elktra/Nonesuch che presentava con una veste grafica pazzesca(uno dei miei primi stipendiati fu un grafico che restò con noi fino agli anni settanta,........)e un repertorio di musica classica ordinato secondo il mio gusto. Le registrazioni costavano pochi dollari e il successo fu superiore alla più rosea aspettativa. Ma intanto la mia sete di novità, il successo del marchio e le certezze economiche mi davano quasi l'impressione che io stavo dedicando poco tempo alla nuova musica. Ingrandii ancora l'azienda, spendendo più del necessario, e tornai giù in strada. Volevo sentirmi ancora senza una lira in tasca ma con la necessità di portare un contributo concreto al mondo della musica.....”
Holzman non dà l’idea di essere un personaggio naif ma il mondo di cui parla non esiste più; le sue idee, idee pazzesche e spesso controccorrente danno l’idea dell’estro.
“Chi avrebbe mai pensato a realizzare un album dei Beatles nel 1964, l’anno dopo i loro primi successi in America, con delle versioni barocche dei loro brani? Bene, ci pensò l’Elekktra! A Londra ero diventato amico di Sir James, il primo editore dei Beatles che mi aveva introdotto prima a Brian Epstein ma, sopratutto, a John Lennon, un fan dei “miei” folk –blues heroes Ray, Korner & Glover . “ Qualunque cosa abbia in mente il discografico di Ray, Korner & Glover è una buona idea”, disse testualmente John e io volevo solo tramutare i brani dei Beatles in brani barocchi grazie a una idea del giovane arangiatore Josh Rifkin. Nacque così “The Baroque Beatles Book”, un disco che aprì la strada ai remake “intelligenti” ( pensate ai brani dei Beatles arrangiati per Orchestra e diretti da George Martin ) e, purtroppo a molti”remake” di bassa lega( pensate ai dischi di “rondò veneziano”!). Quel disco fu un gran successo e ci permise di mettere Josh in contatto con una fantastica cantante sulla quale io da un pò avevo messo gli occhi su consiglio di David Crosby, conosciuto al Village anni prima: lei era Judy Collins e con le sue perfette canzoni folk sarebbe stata la regina in casa Elektra per i prossimi anni mentre io ancora giravo alla ricerca di qualcosa che solo la percezione blues della giovanissima Butterfield Blues band aveva intuito poi accompagnando Dylan a Newport. La band di Paul Butterfield era una super band bianca e nera di blues chicagoano eseguito pedissequamente ma con l’idea che ciò che era “elettrico” lo dovessere veramente; il gruppo era guidato da tre ricchi ragazzotti ebrei di Chicago, Paul Butterfield, Nick Gravenites e Mike Bloomfield, quest’ ultimo il più bravo chitarrista mai incontrarto nella mia lunga carriera in grado di suonare perfettamente tutti gli stili di ogni singolo bluesman sulla terra pur che esso avesse mai regsitrato un disco! E avrebbe lanciato un importante segnale per la Elektra records, il segnale di una nostra volontà di aprirci al nuovo mercato giovanile.
Avevamo, negli anni trascorso già realizzato degli album di “ apertura” come “The Blues Project”, “The Folk Project’65”, “ What’s Shakin’” con band inglesi e americane e un proptotipo dei Blind Faith antelitteram, ma eravamo ancora guardati come un’etichetta seria, sopra le righe.
Fu così allora, come recitava il secondo album della band di Paul che cominciai a fare il pendolo “East- West” proprio mentre il disco della band mi aveva peresso,intanto, di trovare il più bravo e sensibile produttore su piazza americana , PaulRotschild, colui il quale sarebbe diventato il mio migliore amico negli anni a venire; un dandy per natura che costruiva “cannoni” perfetti come sigarette in pacchetto preconfezionato con una sola mano (?)”.
Jac cominciò a lasciare gli abiti da executive a New York per vestire il look hippy a Hollywood; la prima cosa che fece fu trovarsi qualcuno che avesse potuto introdurlo nella appena nata scena alternativa. Il suo nome era Athur Lee:
“ Beh!...una scena vera e propria non c’era, c’era piuttosto un’attitudine, molte belle ragazze giovani disposte a stare bene, molta erba e ottima musica che desiderava farsi ascoltare mentre i proprietari dei bar del posto davano dimostrazione, per una volta, di trattare la musica con nun certo rispetto. Fu così che me li vidi scorrere tutti davanti: dai Byrds ai Kaleidoscope, il più grande gruppo di L.A. in assoluto, dai Mamas & Papas ai Buffalo Springfield, evidentemente una miniera d’oro su cui non riuscii a mettere le mani per un pelo, fino ai Doors. E i Love mi chiedi ? Beh! I Love erano Arthur Lee, prima di tutto, e poi era stato detto chiaro nei nostri patti:”Tu mi trovi i gruppi, io ti faccio incidere un disco”: Ma la condizione di Arthur non ammetteva repliche: il disco doveva essere inciso subito, prima di passare anche una sola ora nel primo bar del Sunset. Fu così che staccai un anticipo di 5000 dollari per la band. Il girno dopo Lee girava con una rovette rossa decappotabile rossa fiammante; ai regazzi del gruppo era spettato solo cento dollari a testa. Ma Arthur non sapeva che quella macchina se la stava pagando con le proprie roylties... i contratti vanno sempre leti prima e se qualcuno non conosce bene il significato della parola “ recoupable” è bene che se lo faccia spiegare da un avvocato...”
I Love, la storia ce lo insegna – vale la pena leggersi il bel libro di Barney Hoskins “Waiting for The Sun (the history of the Los Angeles music scene)” (Viking) per capire ancora di più la scena della città degli Angeli – incisero i dischi che ben sappiamo con le difficoltà del caso: la follia di Lee, il talento di Bryan McLean, la band che c’era e non c’era ela casualità che fa grandi certi momenti della storia della musica. Ma pochi sanno che: “...i fiati sui loro dischi ? Era il mio marchio di fabbrica, come nei dischi dei Doors, erano una mia richiesta specifica...Eppure sfido io a dirmi se quei ritocchi ancora oggi non hanno il sapore di qualcosa di unico... e chiedete pure ai rimanenti Doors cosa pensano di “Waiting For The Sun”. Vi diranno che è stato il loro album migliore...”.
Arthur Lee aveva aperto gli occhi di Jac Holzman un uomo che si era costruito da solo, con i pregi e i difetti del caso, che aveva seguito un pragmatismo tutto americano che nella musica aveva dato frutti sin troppo rigogliosi in un mondo che ra definitivamente cambiato. Adesso era il momento di seguire il proprio istinto: “... nacque la Elektra records anche a Los Angeles, su La Ciniega Boulevard. A New York si faceva il business, a Los Angeles c’era la creatività. I newyorches non erano tanto contenti di ciò ma l’arrivo dei Doors zittii tutti...”.
Morrison e soci ebbero almeno un merito, oltre a quelli musicali che conosciamo: da una parte, quello di credere ciecamente di Holzamn, dall’altra quella di prendere subito un buon avvocato. Pensate che i quattro erano riusciti a iscriversi al sindacato degli attori – dove ci si iscrive solo se si è partecipato a un film –prima ancora che a quello dei musicisti.
“Io chiamai Paul (Rotschild) e gli dissi che avevamo trovato un gruppo eccezionale e che erano cazzi suoi - visto che da un pò si lamentava con me della nostra incapacità di firmare qualcosa di buono (obbiettivamente l’etichetta arrivò molto tardi su piazza...) – paul ascoltò n silenzio i provini del gruppo (quelli che la band aveva regsitrato alla Columbia durante i sei mesi di opzione con quella amia andati a buon fine) e mi disse: Jac, qui facciamo la storia. Ti giuro che a costo di fargli un culo così ti porto un numero uno in classifica!!!”
Ecco un altro merito (merito? sì, merito!) del gruppo: ascoltare prima di parlare.
Robbie Krieger :“Quando Jac ci disse che “Light my Fire” era troppo lunga e che lui personalmente si sarebbe impegnato ad eeditarla- secondo una tradzione che affondava nel decennio precedente e che sarebbe continuata fino alla fine della storia dell’etichetta solo Holzman faceva gli editing dei pezzi...- noi ci gurdammo fra di noi. Manzarek abbassò la testa e poi disse: “Io voglio andare al numero uno in classifica”. Jim ruttò e se ne andò a cercare una birra, io e Densmore rstammo un pò così poi capimmo dallo sguardo di Paul che dovevavmo solo fidarci. Avevamo passato sei mesi con quell’uomo e lui aveva imparato a conoscerci. Noi a conoscere lui. Riascoltare tutto il disco era stata un esperienza catartica e Jim aveva cantato “The end” fatto d’acido completamente in untrip negativo mentre Paul gli urlava di volare in alto... pensammo” cosa cazzo vuoi che cambi con un taglio! Se è un gran pezzo, tale resta...”.
Questa volta la Elektra di Jac Holzman era pronta a lanciarsi sul mercato e i distributori indipendenti perfettamente “oliati” da Jac e dalle sue convention losangeline con tanto di permanenze pagate al Tropicana Hotel.
Nell’estate dell’amore “Light My Fire“ era il numero uno delle classifiche americane.
“Quando qualche anno dopo vendetti la mia azienda alla Warner Kinney, era il luglio del 1970, mi ricordo che Amehet Ertegun della Atlantic, che già aveva venduto la sua etichetta a CharlieRoss da qualche tempo, ci tenne dirmi che una distribuzione “grossa” era migliore di qualunque distribuzione ”Indipendente” e che i tempi di “Light my fire” – erano passato solo tre estati – ormai lontani... E me lo stava dicendo un uomo che aveva costrutito il proprio impero sull’idipendenza!.
Questo per farvi capire come in quei tre anni le major avevano setacciato il mercato, sopratutto protando a casa contartti d’oro con i nuovi gruppi, e come i grandi distributori indipendenti di una volta, i grandi “scambi” di etichette- la Chess che vende la Sun a Chiacgo e viceversa, per dirne una – erano cose oramai dimenticate. Noi con “Light My fire” demmo, forse per l’ultima volte diverse spanne di distanza ai ditributori delle “ “major” senza sapere che solo pochi ani dopo avremmo saltato la barricata.Ma quel moento era ancora lontano...”
Sì perchè nel frattempo Holzman segna altri feroci colpi : Judy Collins – vi invito ad andare a riascoltare almeno un album che si chiama “Wild Flowers” per capire...- con “Amazing Grace” connota la sua carriera con un inno che sarà sulle labbra di tutti gli antinixoniani nell’estate delle elezioni di quello, 1969, firma Tim Buckley e “...lo feci crescere nel terreno artistico che ritenevo più propsperoso per lui. Io ho sempre cercato – continua Holzman – di essere dalla parte degli artisti, di parlare con loro per ore e ho voluto per anni al mio fianco persone così che fossero capaci di avere una mentalità artistica ma con la prospettiva di essere in una azienda vincente. Certo, qualcuno ha dovuto sobbarcarsi pesi durissimi sulle spalle per permettere a noi pochi ciò ma questa era l’Elektra e io ho solo cercato di dare il massimo, per primo. Questo lo sanno tutti!”
Jackson Browne: “io desideravo con tutte le mie forze di incidere per la Elektra; lì c’era Tim, che per noi era stata una luce, prima ancora vi avevano inciso grandissimi artisti, ora c’era Nico con cui io ero stato insieme e Los angeles era un posto fantastico per aggregarsi. Ma sentivo che arrivare ad Holzman era difficile non perchè lui fosse inarrivabile ma perchè ci capiva così tanto di musica che rischiavi veramente di fare delle pessime figure. Gli artisti della elktra, insomma, dovevano essere all’altezza del loro presidente. E non era facile...”.
Jac Holzman. “È vero, io passavo intere giornate ad ascoltare musica di tuti i tipi ed ero veramente aggiornato, sentivo che ra mio dovere... solamente uno mi aveva fatto caire che non ero nessuno nella musica e lo fece aprendo la bocca e mettendosi a cantare accompagnandosi con la chitarra acustica: Fred Neil. Ma era anche il più svogliato, stronzo, ignorante e maleducato essere umano che abbia mai incontrato, la dimostrazione che se è vero che le droghe aprono la mente è anche vero che possono rendere il più grande artista una persona insopportabile...”
La Elektra era adesso una delle grandi indipendenti d’America; una etichetta con grossi rislutati e, quindi, grossi grattacapi, Jim Morrison e i suoi “Feasts of Friends”, Arthur Lee e le sue crisi di creatività “...lo avrei mandato a casa dopo il terzo disco ma avevamo firmato per quattro e io tengo fede a ciò che scrivo, prese tutti i soldi pattuiti, l’uno su l’altro...”, Hendrix che passave le ore al telefono con Holzamn per cercare di trovare una strada per liberarsi dal contratto inglese, prima, ed americano, poi, qualche abbaglio, come i “Clear Light” o “ Rhinoceros”, “...un super gruppo che era super solo nelle nostre teste”.

Insomma la Elektra rischiava di non essere più l’etichetta di Jac Holzman, come Jac aveva sempre desiderato.
“Avevo scelto una persona a New York che, nella mia ottica, doveva stanare i topi dalla tana – continua “El Supremo”; era una persona indesiderata, come d’altronde lo era Bill Harris, l’avvocato - spauracchio che scelsi con il compito di dare una immagine più esecutiva di una etichetta che era tutt’altro che quello. Bene!, il primo gruppo che mi portò furono MC5”
La band di Wayne Kramer non ha avuto mai parole confortevoli per Holzman definendolo” un bandito, un figlio di puttana “e/o“ uno che menava il can per l’aia”(esisterà mai in inglese ? traduzione del tutto libera...).
Da parte sua Jac nel suo libro di memorie “Follow The Music” parla del gruppo come”...una band con un solo vero talento: il manager John Sinclair...un gruppo limitato...dei politicanti da sbarazzo che pensavano solo afarsi e alle donne...gente che ti potevi rigirare come volevi...la loro arte risiedeva tuta in un solo disco: l’album d’esordio che incisero per noi”motherfucker”o non”motherfucker” quello era un buon disco...il resto è solo oblio il resto della loro carriera lo dimostra”.
Certo è che con MC5 come “the next big thing” l’etichetta cavalcava ancora l’onda della novità mentre negli uffici newyorchesi si spianava la strada per – secondo le parole di tutto lo staff dell’epoca – “l’unico vero animale del rock & roll mai incontrato“: Iggy Pop.
“Iggy era troppo per noi della Elektra...o forse era troppo per me che avevo fatto nascere l’etichetta come espressione del mio gusto personale al punto di essere etichettato con il nostro marchio come un”Boutique Label”. Certo è che Iggy sapeva quel che voleva, ma non era maturo, allora era una bestia. Oggi è una macchina da guerra....”.
Con la nascita del gruppo WEA (Warner Brothers, Elektra, Atlantic) gli impegni di Holzman si spostano verso altri orizzonti.
“Nel 1971 mi recai in Olanda dove presenziai di persona allo stampaggio del primo glass master. La nascita del laser disc era il futuro. Non si parlava ancora di Compact e forse ravamo più vicino al DVD di quanto lo si fosse poi stati con il CD, un supporto nato come passaggio e che come tale scomparirà “.
L’acquisizione del gruppo, da lì a qualche anno, della Asylum di david Geffen distanziò sempre di più Holzman dalla musica:
“ Nel 1971 avevo davanti a me 2 anni come presidente della Elketra; furono gli anni di Carly Simon “I’m So Vain”, della quale Holzman parla con grande trasporto, di “Taxi” di Harry Chapin (“...un talento immenso...decidi di tornare in stduio e produrre il suo album pur non sapendo come lavorare in uno studio a 16 piste, io ero rimasto alle registrazioni a quattro piste. Bene!, mi accorsi che conoscevo i principi dell’acustica meglio di qualsiasi tecnico dell’epoca....”), della firma dei Queen (“li portai via a Clve Davis della Columbia solo sulla mia credibilità e alla firma del contratto volli che leggessero a voce alta le 5 pagina a spazio uno di commenti e suggerimenti sulla loro carriera che scrissi ad ognuno di loro. Furono degli artisti fantastici: dove incontri quattro laureati che scrivono così bene e sono così professionali a soli 24 anni, oggi?“). Ma mi ero promesso di lasciare il business della musica alla fine di quei due anni.
Tra l’estate mi presnetati al presidente del gruppo e “rassegani” le dimissini da presidente dell’Elektra, la mia vita. Divenni Vice Presidente del gruppo WEA e mi venne affidata tutta l’area delle nuove tecnologie. Io chiesi se mi sarebbe stato possibile lavorare da qualunque parte del mondo mi trovassi e mi venne risposto di sì. Partii alla volta di Mauii, Hawaii, dove 5 anni prima avevo giurato a me stesso voler andare a vivere. Non avevo ancora compiuto 42 anni e ero pronto a ricominciare”.
Amaramente Holzman conclude: “ capii che dovevo perdere questo mondo in due esatti momenti. Il primo fu quando nel Marzo 1971 facemmo una piccola festa per rendere tutti partecipi- presso la nostra sede di Hollywood – del nuovo, prossimo disco dei Doors”L.A: Woman”. Al termine della cena Jim ed io ci abrracciammo e ci salutammo e io pensai che non avrei più visto quell’uomo vivo. La seconda fu il giorno dopo essere atterrato a Mauii quando mi comunicarono che David Geffen aveva preso la presidenza della Elektra, un personaggio all’esatto opporto del mio modo d’essere. Mi ricordai allora delle parole di Hunter S. Thompson “ The music Business is a cruel and shallow money trench,a long plastic hallway where thieves and pimps run free, and good men die like dogs.There’s always a negative side”.

Ernesto De Pascale

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