Considerata la personalità di Gram Parsons, icona del country rock americano a cavallo fra sessanta e i settanta e morto troppo giovane come tutti grandi santi che si rispettino, “Hot Burritos, The True Story of The Flying Burrito Brothers” di John Eniarson, autorevole giornalista in materia, vi stupirà e vi lascerà attoniti.
Prima di ancora i spiegare il perché di questa affermazione lasciate che si sottolinei l’esaustività delle 336 pagine del volume della Jaw Bone Press, intense, emozionanti, redatte con precisione certosina e dalle mille cross reference, storia del passaggio dall’era dell’eclettismo alla nascita del corporativismo discografico.
Largo allo stupore allora quando pagina dopo pagina scoprirete che Eniarson, con la complicità completa di Chris Hillman, ex Byrds e co fondatore dei Flying Burrito Brothers, ha riscritto in Hot Burritos la storia di un piccola grande band sconclusionata, quasi mai consapevole del proprio ruolo nel nascente Country Rock.
Tutto ruota intorno al ruolo di due persone: Gram Parsons descritto dalle parole di Eniarson - che intervista praticamente tutti i sopravvissuti - come poco più di un ragazzotto di una sperduta provincia del Sud, ricco, altezzoso, telentuoso, incapace di tenere unito un gruppo e di relazionarsi a un generoso discografico e Chris Hillman, la saggia rock star con i piedi nella tradizione bluegrass di provenienza e la testa nell‘Olimpo delle Rockstar del momento.
Ecco allora che la storia che più o meno tutti conoscono - e già descritta su queste pagine - ci riappare sotto un profilo del tutto differente.
“ Quel che ho cercato - mi dice Eniarson al telefono in esclusiva per Jam dalla sua casa di Winnipeg, Canada - è stato riequilibrare le parti di una avventura musicale americana determinante per i decenni a venire. In una storia raccontata fino ad oggi a un solo senso mi è parso importante documentare il rovescio della medaglia, dando spazio a un protagonista essenziale di questa storia, Chris Hillman, musicista innovatore, influente dai giorni dei Byrds fino a quelli delle band a venire ( Manassas, Souther. Hillman, Furay Band, Desert Rose Band ) e ancor oggi fortemente coinvolto nella musica“.
In Hot Burritos viene a galla la quasi sempre tragica avventura dei Flying Burrito Brothers ancora più sconclusionata di quella fino ad oggi raccontata e la sensazione tangibile del poco successo del momento e di ancor minore interesse a livello nazionale. Mentre, allora, sui palcoscenici del club hollywoodiani la giovane Linda Ronstadt muoveva i primi passi, The Dillards licenziavano il capolavoro Whatstraw Suite per dar poi posto al duo Dillard & Clark, gli immigrati Shiloh ( con Don henley e Al Perkins ) e LongBranch & PennYWhistle ( con Glenn Frey e John David Souther ) cercavano uno sbocco, Rick Nelson con Randy Maisner al basso furoreggiava, The Nitty Gritty Dirt Band guadagnava terreno offrendo una chance all’appena arrivato Jackson Browne in veste di autore, il gruppo di Parsons e Hillman sbatteva contro la generale indifferenza nazionale.
La visione della “scena” di Eniarson è ogni buon conto completa e non lascia mai niente fuori posto: “ Già nel mio volume dedicato al grande e mai abbastanza incensato ex Byrd Gene Clark ( The Life & Legacy of The Byrds Gene Clark - Beackbeat, 2005) avevo iniziato l’approfondimento sul movimento che stava nascendo a LA nel 1968 ma Clark era fondamentalmente un recluso e Chris Hillman - coinvolto su entrambi i fronti - mi suggerì un giorno di andare più a fondo nella storia di quel momento così magico con quello che è poi diventato Hot Burritos. Adesso - aggiunge Eniarson autore anche di Desperados, The Roots of Country Rock( Cooper Square press, 2001) - la storia può essere considerata completa!”.
La completezza di cui parla di Eniarson - dalle bio dei singoli, alle band giovanili di tutti, dalla International Submarine Band e ai Byrds fino al corpo centrale del volume - ridimensiona fortemente la figura di Parsons e ne esalta i difetti spingendosi in qualche pagina oltre i limiti del rispetto formale per gli assenti.
Un certo accanimento contro Parsons ha spinto questo cronista a raccogliere allora una serie di veloci riflessioni via e mail da parte di alcuni importanti colleghi internazionali con precedenti sul tema del volume, come i parsoniani di ferro Sid Griffin, Jon Mojo Mills e lo storico Ben Fong Torres (autore del primo libro su Parsons e primo redattore della rivista americana Rolling Stone). Quel che si evince dalle loro dichiarazioni è una considerazione comune riguardo il malcelato livore di Hillman verso Gram, reo di essere soprattutto un giovane molto naif e troppo sopra le righe ma non esattamente un qualsiasi testa di cazzo!.
Hot Burritos però non si ferma ( per fortuna !) qui, e racconta invece, per la prima volta, le personalità del resto della band e molti retroscena inediti sulla attività del gruppo. Dal volatile e imprevedibile John Ethridge, il più giovane della nuova band, al rissoso Michael Clarke - pure lui ex Byrds - fino al folle ma distaccato Sneaky Pete Kleinow, genio della pedal steel guitar e inventore di sonorità inattese, che mai - nonostante il super lavoro come turnista - volle lasciare il suo lavoro di disegnatore alla Disney. Suoi, si scopre nella lettura del libro, i disegni della serie tv Gumby di cui fu autore anche della canzone del tema.
90 pagine sono dedicate al seguito dell’avventura Flying Burrito Brothers con enfasi sul terzo album, quello di cui Rick Roberts fu il principale artefice ( ma nemmeno troppo secondo Hillman !) con la splendida Colorado, una canzone che Roberts aveva “in canna” già da un po’ e un capitolo è dedicato a The Last Of The Red Hot Burrito, preludio all’invito strategico di Steven Stills di traghettare nel suo nuovo progetto Hillman, Clarke, Perkins ( il giovane suonatore di pedal steel che aveva preso il posto di Kleinow) e Roberts.
In Manassas solo Hillman e Perkins avrebbero però avuto un ruolo definitivo, a dimostrazione che la personalità di Hillman non era poi così spiccata da potersi permettere di gestire totalmente un gruppo in prima persona ( il violinista Byrone Berlin già con i FBB ed ex Country Gazette, rifiutò decisamente l‘offerta).
John Eniarson:“ La storia la dice lunga su come si poteva sentire Chris all’epoca. Stanco di arrancare pensava a buona ragione che il suo amico di lunga data Stephen, adesso una rockstar di categoria superiore alla sua, era imbattibile. Nonostante che all’epoca i Burrito fossero una band di qualità infinitamente superiore all’originale, Hillman comprese che in una sola volta sarebbe potuto passare a sale da ventimila persone con alle spalle la grande macchina della Atlantic Records “.
Hillman sicumenente si fece i suoi buoni conti considerato che il primo hit di Manassas, “It Doesn’t Matter” era una composizione sua e di Roberts, che Stills modificò ad hoc portandola a un pubblico di vastissime proporzioni.
Terminava così una avventura americana con le caratteristiche delle migliori storie da raccontare. Un storia che Hot Burritos vuole certificare non avere avuto né vincitori né vinti ma che a una lettura approfondita pare avere avuto forse solo molti perdenti.
Ernesto de Pascale
|
|