Third studio album for The Killers. They propose a new style made of electronic and synth arrangements. The result is that you can find very good song, but the American band loses a kind of previous epic pathos, and this is really a pity.
I Killers, nonostante provengano dallo sconfinato deserto del Nevada, sono probabilmente la più inglese delle band americane e questo spiega il successo straordinario che ogni loro disco raccoglie nel vecchio continente. Sono, tuttavia, anche la punta di diamante di quello stile che è stato chiamato nuova new wave, con riferimento alla musica rock-elettronica degli anni ’80 che ha trovato recentemente nuova linfa grazie ad artisti che ne hanno letteralmente “saccheggiato” il repertorio. I Killers sono tra questi, o meglio sono senza dubbio i migliori di questi. Day & Age, terzo disco in studio della band di Las Vegas, conferma che il percorso del complesso, con le dovute influenze, è comunque molto originale. Dopo l’indie rock degli esordi e le atmosfere liriche e noir del penultimo Sam’s Town, in questo album si passa a qualcosa di ancora differente. Fin dal fortunato singolo Human era infatti percepibile che il disco sarebbe stato caratterizzato da un connubio tra il rock classico della band ed uno stile da dancefloor, fatto di effetti elettronici ed ampio uso di sintetizzatore da parte di Brandon Flowers, che è anche il cantante del gruppo. Stile che è percepibile anche nella prima traccia (Losing Touch) nella trascinante Spaceman e nella pacchianissima The World We Live In, uno degli episodi peggio riusciti del disco. Ma Day & Age regala di meglio; This Is Your Life, I Can’t Stay e la bellissima Joy Ride, probabilmente il miglior pezzo, hanno dei ritmi da world music, quest’ultima soprattutto unisce ad un atmosfera pop degna dei Cure un grande arrangiamento di fiati per un effetto finale molto coinvolgente ed inedito per la band americana.
Alla fine dell’ascolto comunque Day & Age, pur essendo un buon disco, sembra perdere qualcosa rispetto agli album precedenti. A mancare non sono tanto le canzoni, spesso ottime e che migliorano ad ogni ascolto. A mancare è piuttosto qualcosa di più indefinito che si respirava gli anni scorsi. Alla base di questo problema sta probabilmente l’abbandono di quel pathos epico che aveva contraddistinto il gruppo e che si respira soltanto in A Dustland Fairytale, non a caso la più classica e la meno elettronica canzone dell’album.
Matteo Vannacci
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1. Losing Touch
2. Human
3. Spaceman
4. Joy Ride
5. A Dustland Fairytale
6. This Is Your Life
7. I Can't Stay
8. Neon Tiger
9. The World We Live In
10. Goodnight, Travel Well
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