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Faust/Dälek: Derbe Respect, Alder
(Klangbad/Staubgold)





Quando ha iniziato a circolare la voce che i Faust, leggendario gruppo sperimentale tedesco, avrebbero collaborato sulla lunga distanza con i Dälek, ovvero una delle formazioni hip hop più dure e dissonanti della scena mondiale, molti dubbi si sono alzati riguardo a cosa avrebbe portato una sinergia tanto inusuale. Una collaborazione peraltro nata per caso, quando Hans-Joachim Irmler si è ritrovato per le mani un nastro dei Dälek, capendo di colpo che sotto il magma hip hop di MTV si trovano geme assolute che ne rivalutano lo stile e il medium.
E’ così che uno dei gruppi più difficili e incompromissori della scena mondiale (a tal punto da alienarsi quasi tutti i gruppi coevi dell’ondata kraut, sia umanamente che musicalmente) si è ritrovato a lavorare in studio assieme ad una crew che scrive musica in modi decisamente diversi. Derbe Respect, Alder è quindi frutto di una genesi separata in due momenti distinti, dato che la maggior parte del disco è stato registrato a cavallo fra il 2002 e il 2003 dai Faust, per arrivare soltanto dopo nelle mani dei Dälek, che ne hanno manipolato le registrazioni originali aggiungedovi poi i rappati.
E’ ovvio che da un incontro-scontro di questo genere esca favorita la leggenda, e questo significa che il suono dell’album penda più verso la Germania che il New Jersey, anche a causa del retaggio di una carriera quasi quarantennale che non poteva non esercitare un netto peso. E’ l’indicazione data da momenti come l’iniziale Imagine What We Started, strumentale che parte piano per evolversi in un ossessivo ritmo tribale, o la rarefatta Remnants. Non che i tre Dälek ne escano con le ossa rotte, ma trovarsi insieme ad una personalità tanto forte ha di certo contribuito a farli rintanare un po’ nel guscio e lasciar spazio alle intricate spinosità del quintetto tedesco. Ne deriva che Derbe Respect sia, anche per sua stessa natura, un disco difficile, dai significati oltretutto apertamente politici, la cui dinamica bifronte non aiuta ad entrarvi in sintonia. Non subito, almeno. Le due grandi tensioni sonore che animano il disco – da una parte le rime complesse dei Dälek, lontane anni luce dal suono che bombarda le radio di questi anni, dall’altra i densi ritmi e gli strati sonici apposti dai Faust – entrano veramente in contatto in pochi pezzi, soprattutto nella spettacolare Collected Twilight, dove gli intenti della collaborazione prendono magnificamente vita attravero un rap incastrato alla perfezione entro un tappeto di elettronica analogica. E’, da sola, la prova che un contatto inizialmente improbabile possa evolversi ancora e dare vita ad un lavoro più organico.
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Bernardo Cioci



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