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Graziano Romani, Up In Dreamland
Freedom Rain Records




Esiste un luogo immaginario, senza tempo, dove il rock convive in una magnifica armonia con la poesia, in pochi riescono a riprodurlo nei loro dischi, a chi ci riesce va riconosciuta una grande sensibilità. Up In Dreamland di Graziano Romani è un disco di speranza dove immagini e sogni diventano la base per guardare il mondo in modo migliore. Ben tredici canzoni per un totale di un ora di grande musica in cui Graziano accompagnato dalla Lost & Found Band ovvero Max “Grizzly” Marmiroli (sax), Fabrizio Tedeschini (chitarra), Massimo Ori (basso) e Pat Bonan (batteria), ricrea un sound a metà tra quello della E-Street e i toni più intimistici di John Mellencamp. In apertura troviamo subito le chitarre in bella evidenza della programmatica Let’s Come Alive, brano perfetto per i live act, che invita sia a vivere la vita attimo per attimo sia a lottare per i propri sogni. Poi arrivano due bellissime ballads dai toni romantici Face The World e Every Road I Travel che aprono alla splendida cover di Bruce Springsteen in cui il violino di Francesco Germini dipinge in modo commovente l’atmosfera quasi onirica del brano. Se Another Day riporta il rock sugli scudi Jezebel svela una storia d’amore sofferta in cui Graziano dimostra di aver recepito l’insegnamento delle canzoni di non-amore di Dylan, in particolare di Don’t Think Twice It’s All Right di Bob Dylan, Graz. L’alternarsi di brani solidi e diretti a ballate intensissime si ripete con la coppia Que Pasa Loco Baby? e Shine Your Light, entrambe rappresentano molto bene le due facce di Graziano che in questi due brani dimostra come sappia reinventarsi continuamente senza mai risultare ripetitivo. Il momento più intenso del disco è sicuramente la splendida ballata acustica per soli piano e voce, Where Do We Go From Here, che ci riporta alla mente per certi versi Wichita Lineman di Jimmy Webb. Segue l’altra cover del disco Mother Of Violence di Peter Gabriel che come Frankie viene baciata dal violino di Francesco Germini che stende un tappeto melodico di rara intensità. Inaspettata poi arriva il reggae di Don't Close Your Eyes dove più che Bob Marley, Graziano sembra riprodurre certi arrangiamenti dilaniani di Live At Budokan del 1978, tuttavia il testo è in linea con le tematiche del cantautore giamaicano. L’ultimo brano Up In Dreamland è sicuramente in brano più personale del disco, in Graziano si mette a nudo dimostrandoci in pieno tutta la sua onestà intellettuale.

Salvatore Esposito

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