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Swingle Singers, Retrospective





Il marchio Swingle Singers dura dal 1963, ovvero da quando un americano innamorato delle Francia, Ward Swingle, decise di allargare l’esperienza di un sestetto vocale a quella di un ottetto. Una formazione che raddoppiasse così le estensioni classiche della voce (soprano, contralto, tenore, basso), accompagnate da contrabbasso e batteria, per reinterpretare in modo diverso e originale un autore che apparentemente con il jazz aveva ben poco a che fare, Johann Sebastian Bach. Invece l’album Jazz Sebastien Bach, pubblicato dalla Philips, ebbe un successo straordinario. In tutti questi anni il repertorio della formazione si è evoluto: dopo l’esaurimento della formazione francese (che aveva anche inciso Place Vendome con il Modern Jazz Quartet) e l’abbandono della sezione ritmica, Swingle si trasferì a Londra. Lì nacque il nuovo gruppo (chiamato dapprima Swingle II) con l’approccio ad autori contemporanei come Luciano Berio, che Swingle lasciò poi al suo destino pur mantenendo il suo nome.

Da quel momento molti cantanti sono passati all’interno del gruppo dando vita a un repertorio variegato, dai madrigali ai Beatles, passando per Debussy, Rossini, Caikovskij, tradizionali inglesi e di vari paesi. Le loro esecuzioni sono a cappella con l’ausilio del microfono e di un tecnico del suono considerato il nono componente del gruppo. Non solo, sin dalla fine degli anni ’80, gli Swingle hanno deciso di autoprodurre la loro discografia vendendola direttamente ai concerti. Dal 2000 direttrice musicale della formazione è il soprano Joanna Forbes che ha deciso di allestire un omaggio a Ward Swingle, rimasto come consulente della formazione, con il debutto a Londra nel gennaio 2003.

Ne è nato un album dal titolo Retrospective che per la prima volta dagli anni settanta vede il recupero di contrabbasso e batteria come omaggio alla prima formazione. Il repertorio è basato in gran parte su Jazz Sebastien Bach, ma anche su Mozart (Swinging Mozart fu un altro album di successo), Albeniz e Rodrigo, standard jazzistici, oltre alla prima registrazione assoluta di un brano composto esclusivamente per gli Swingle dal francese Pascal Zavaro. Si tratta di un album sicuramente curioso per chi ha la formazione nel 1963 nel cuore e nelle orecchie: le voci attuali sono formalmente più curate ma meno spontanee con conseguente sensazione di una minore freschezza. Al tempo stesso c’è molta sicurezza sul palco, il disco è registrato dal vivo, frutto di un’organizzazione interna oliata nonostante i continui cambi di formazione che sono divenuti prassi abituale.

E’ comunque un lavoro che strizza l’occhio ai jazzofili che conoscono solo la prima formazione e che dimostra l’ottimo stato di salute di una formula nata grazie all’intuizione di vero e proprio innovatore, uno dei primi a lanciate un ponte tra i generi musicali in tempi non sospetti.


Michele Manzotti



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