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LITTLE AL THOMAS and The Crazy House Band
South Side Story
(Audioquest Music – 2004)


Di Little Al Thomas non troverete molto sulla carta stampata, nonostante la veneranda età: troppi Little e troppi Thomas hanno condannato questo cantante ad un anonimato relativo, ora rotto da un recente album della Crosscut, dal vivo al Festival di Lucerna, e questo South Side Story, riedizione del suo debutto per la Cannoball. Thomas canta maledettamente bene, soprattutto nei blues lenti, ma é costituzionalmente mingherlino e non possiede grande potenza; questo difetto, chiamiamolo così, ne limita le capacità rispetto alla marea di cantanti soul-blues, tutti pesi medio-massimi che hanno qualche annetto in meno. Dalla sua, un’esperienza di Chicagoano puro, che ha letteralmente trascorso una vita, come dice il titolo di questo CD, nel South Side. Come dicono le note di copertina, il bandleader della Crazy House Band é in effetti il batterista Tom « Mot » Dukto, qui fiancheggiato da due eccellenti solisti, Sidney James Wingfield al piano che non dovrebbe aver bisogno di presentazioni, e il giovane John Edelmann, un tempo chitarrista di Little Mike and the Tornadoes, gruppo dei primi anni novanta ampiamente sottovalutato, anche per via del colore un po’ pallido. Sono proprio Wingfield e Edelmann che, da bravi gregari, tirano la corsa a Little Al Thomas, aiutati dal drumming di classe di Mot e, talora, dai Blues Swingers Horns di Dave Clark, i fiati del compianto Floyd McDaniels. La morfologia del percorso, anzi del repertorio, sembra adattarsi più a loro che a Thomas, la cui voce é stata forse registrata, come si dice in gergo, un pò troppo « dietro ». Prendete ad esempio la magnifica « Nobody Sleepin’ in My Bed », un blues lento da leccarsi i baffi, magistralmente interpretato dall’insieme della Crazy House, ma anche « Somebody Changed the Lock on My Door », un up-tempo marcato dai Blues Swingers Horns, con assolo del baritono Van Kelly, e da Edelmann, mai sopra le righe, un chitarrista assai maturo per la sua étà. Di Wingfield s’é già detto; senza voler scomodare i grandi vecchi, é probabilmente il meglio che ci sia in giro alle tastiere : ascoltare per credere « Feel so Good » e soprattutto « You’re Breaking my Heart ». Tutto ciò porta ad un Chicago Blues di gran classe, giusto premio per uno come Little Al Thomas, la cui storia, come quella di tanti bluesmen, é tutta in salita.


Luca Lupoli




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