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Ryan Adams & the Cardinals - Cold Roses
(Lost Highway)
www.ryan-adams.com



Cold Roses is the first Ryan Adams‘ three releases in 2005 for Lost Highway Records. The album, features 19 new songs produced by Tom Schick, is a good exercise of alternative country style. All songs are very good but Ryan have to moderate his genial songwriting.

Dotato di una straordinaria cultura rock e soprattutto di un eccellente e prolifico songwriting, Ryan Adams è una delle stelle più brillanti della scena rock contemporanea. La sua discografica, che ormai sta prendendo tratti costelliani (con dischi, ep, tributi, partecipazioni), vanta dischi magnifici come Gold di qualche anno fa e andando ancora più indietro i seminali dischi con i Whiskeytown. Mi permetto questa premessa perché, Cold Roses, il suo nuovo doppio album, è un esempio di come Ryan interagisca con il mondo del rock trattenendo a stento la sua creatività. Va senza dubbio apprezzato lo sforzo di aver messo insieme un disco doppio (ma i brani sarebbero stati comodamente in un disco singolo), tuttavia c’è qualcosa che non torna. Il buon Ryan, oggettivamente, ha confezionato un grande disco, ma purtroppo dopo vari ascolti non lascia traccia mancando clamorosamente di quel paio di brani che rendono un lavoro memorabile. Ovviamente non possiamo fargliene una colpa, però da lui ci attendevamo un grande salto. Probabilmente nel corso di questa trilogia (sono previsti altri due album) verrà fuori qualcosa di eccellente ma resta l’interrogativo: e se tenesse un po’ a freno la creatività? Verrebbe fuori un nuovo Dylan probabilmente. Andando nel profondo di Cold Roses, l’ascolto è senza dubbio piacevolissimo e il ritorno all’alt-country sembrano aver dato i suoi effetti. Non più il rock urbano buttato lì di Rock n’ Roll ma reminiscenze che vanno tanto dall’esordi solista Heartbreakers tanto dai Whiskeytown. In questo senso ci sembra determinante tanto l’apporto del produttore Tom Schick tanto quello dei Cardinals, che accompagnano Ryan, dove splendono la chitarra di J P Bowersock e la steel di Cindy Cashdollar supportate alla grande da un ottima sezione ritmica. I brani sospesi tra romantiche atmosfere country e slanci elettrici ci raccontano dei problemi di cuore di Ryan soprattutto nel primo disco dove con Magnolia Mountain e Mockingbird aggiunge anche spaccati soul per raggiungere il vertice melodico e romantico del disco, ovvero la pianistica How Do You Keep Love Alive. Il secondo disco accentua i tratti rock e non è un caso che risulti più gradevole rispetto al primo ed esempio ne sono brani come il country di Let it Ride e la title track. Non è il disco dell’anno ma piuttosto un esercizio di stile e di creatività.

Salvatore Esposito


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