. Graziano Negri, Pittura recente

MOSTRE

Graziano Negri, Pittura recente

Mi trovo spesso a riflettere durante questi mesi su un aspetto problematico del paesaggio artistico contemporaneo: continuano a giungere segni di una vitalità felice della pittura astratta italiana, a dispetto di quanti vorrebbero stabilire una sua debolezza, una presunta stagione crepuscolare di invisibilità.
Intendo dire che nonostante la distrazione di molti critici – quasi sempre preoccupati di inseguire l’ultima moda, quindi condannati a girare in tondo sopra una giostra infinita – ci sono oggi in Italia autori che stanno lavorando per espandere i confini della pittura, disposti all’avventura dentro la forma stessa del dipingere.
Il caso di Graziano Negri (classe 1957) mi appare come l’esempio perfetto di una esperienza pittorica realmente di alto livello, condotta sul filo di una memoria storica ma al tempo stesso proiettata in avanti, anche grazie all’uso spregiudicato di moderni materiali. Nella concezione dello spazio pittorico Negri recupera le regali scansioni di Mark Rothko, quella tensione verticale della tela che sembra alludere ad una sorta di grande finestra spirituale spalancata sopra una intima coscienza. Dal grandissimo artista americano Negri riprende anche un altro dato fondamentale: l’idea di costruire una pittura di luce. Il lavoro dell’artista è quello di creare uno spazio magico in cui la sostanza della materia – pur con tutta la sua densità - si tramuti sempre in suprema luminosità.
La presenza di una netta individualità di autore, la cifra personale di queste opere, risiedono in una lettura dell’astrazione tutta giocata sopra la presenza di una materia sovrana – grandi colature e spatolate che conducono strati di colore rappreso in morbide volute – chiamata a disegnare un convincente movimento di emozioni.


Dico per ultima la cosa più semplice e importante.
Dopo avere guardato a lungo questi quadri in galleria mi è sembrato di avvertire un risultato sorprendente della visione: i dipinti mi sono apparsi non come manufatti, come oggetti di artificio lavorati dalla mano e dal pensiero dell’autore. Al contrario. Mi sono sembrati oggetti del tutto naturali, quasi dei fenomeni geologici prodotti dalle energie della Terra, come fossero colate di lava, oppure colorate pareti di roccia levigate dalla pressione dei venti.

Stefano Loria

Galleria Varart, Via dell’Oriuolo 47/49 r, Firenze.
Orario: 10.00 12.30 – 16.00 19.30 (chiuso lunedì e festivi).
Fino al 17 giugno 2006

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