. Teddy Thompson

INTERVIEW

Intervista a Teddy Thompson

Teddy Thompson è il figlio d’arte del celeberrimo cantautore e chitarrista di folk inglese Richard Thompson, uno di quei musicisti che hanno contribuito a traghettare la musica folk tradizionale inglese, a cominciare dalla fine degli anni Sessanta, nel mondo della musica rock. Per dirla senza mezzi termini, uno dei migliori chitarristi al mondo. La madre invece è Linda Thompson, cantante e autrice celebre soprattutto per i meravigliosi dischi con il marito. Ma Teddy Thompson si sta facendo conoscere soprattutto per la carriera personale che sta tracciando nel mondo della musica, con un ottimo secondo album, “Separate Ways”, da poco dato alle stampe per l’etichetta Verve Forecast ( Recensione su Il Popolo del Blues , Febbraio 2006). Per l’album ha chiamato a raccolta i genitori, soprattutto il padre in veste di chitarrista mentre la madre per un duetto in una cover degli Everly Brothers utilizzata come bonus track. Oltre a loro un sacco di ospiti, come Rufus e Martha Wainwright, Jenni Muldaur, Matt Chamberlain, Garth Hudson. Abbiamo approfittato di una sua sosta in Italia per scambiare qualche parola con lui sul suo background, sulle sue influenze musicali, sulla lavorazione dell’album, sugli ospiti presenti sul disco.

Teddy Thompson

Quali sono le tue principali influenze musicali?
Soprattutto la musica Americana degli Anni 50, Everly Brothers, country music e rock n’ roll, Hank Williams, Buddy Holy, Roy Orbison.

Ti ispiri a questi artisti anche nel modo in cui scrivi?
Si direi di sì, perché le canzoni e le parole sono la cosa più importante. Le canzoni di Hank William ad esempio sono chiare, dirette e corte, durano due o tre minuti. Mi piace molto questo stile.

Hai menzionato gli Everly Brothers. So che hai un progetto di mettere un brano degli Everly Brothers come bonus track in ogni tuo disco…
Forse, è un idea. Per il momento sono a due per cui vedremo.

Questo tributo semplicemente perché sono una band che ti piace molto?
Probabilmente gli Everly Brothers sono stati il primo gruppo che ho ascoltato quando ero piccolo, la prima musica che ha risuonato nelle mie orecchie, e questo mi piace molto. E’ il mio primo amore musicale, per cui con questa band ho una affinità particolare.

Nel tuo album ci sono musicisti figli d’arte come Rufus e Martha Wainwright o Jenni Muldaur. Credi nell’esistenza di una scena costituita da musicisti e cantautori “di seconda generazione”?
Beh…non proprio… In realtà è più una coincidenza. E’ bello in ogni tipo di lavoro creativo avere amici che ti circondino, che abbiano la tua stessa età, che facciano il tuo stesso lavoro. E’ bello sentire che in questo tipo di business hai attorno degli amici

Sei cresciuto in una famiglia di musicisti. Ciò ti ha aiutato a sviluppare il tuo personale talento?
Probabilmente un po’, anche se indirettamente. In realtà non suonavamo musica tutti insieme in casa, come facevano i Wainwright. Loro per Natale cantavano tutti insieme attorno al pianoforte, queste situazioni in cui tutti cantano in coro… Nella mia famiglia non si usava. Chiaramente è stata una influenza, ma non un influenza di tutti i giorni

E riguardo alla collaborazione con i tuoi genitori per questo disco?
Beh, soprattutto con mio padre. Lui è in assoluto il mio chitarrista preferito, per cui è stata una decisione facile. E’ il migliore. Mia madre è una brava cantante ma con lei è stato più come una cosa extra, è bello cantare con mia madre per cui l’ ho fatto

Perché hai scelto New York come città dove vivere e fare musica?
Ho sempre voluto vivere a New York. Quando ero bambino e vedevo New York nei film era un po’ come la città ideale, sognavo di vivere lì… è un sogno che è diventato realtà

Che ne pensi della scena musicale lì? È viva, attiva…
Sì la situazione è molto positiva, c’è molta musica rispetto alle altre città. A New York c’è un sacco musica ogni sera della settimana, con musicisti bravi, locali belli… Per noi musicisti è bello vivere lì

Raccontami qualcosa della collaborazione con Garth Hudson, il tastierista di The Band…
E’ stata l’unica persona nell’album per la quale mi sono dato veramente da fare per averlo a suonare. Tutti gli altri sono amici di famiglia, è bastata una telefonata… Per Garth Hudson è stata dura, ma The Band è una delle mie principali influenze musicali…

Si capisce ascoltando la tua musica…
Bene!

Infatti proprio per questo mi chiedevo se era un caso oppure no
No no, io sono un loro grande fan per cui mi sono dato molto da fare per averlo a suonare sul disco. Ed è stato fantastico

Questa è una domanda un po’ diversa… Se qualcuno ti chiedesse di scegliere tre canzoni in fila da suonare in un programma alla radio, due di altri artisti e una dal tuo ultimo album, che cosa metteresti prima e dopo e quale brano tuo sceglieresti?
Penso sceglierei una canzone di George Jones, perché l’ ho ascoltato molto di recente, c’è un pezzo che si chiama “A picture of me (without you)”. Poi “I wish it was over” che va bene da suonare alla radio. Poi non so, è difficile… forse un pezzo di Buddy Holly, “Learning the game”

Come è stato lavorare con il produttore del tuo disco? (Brad Albetta, ndr)
Beh, per la maggior parte l’ ho prodotto io. Ho cominciato a lavorare a l’album da solo, senza produttore, senza casa discografica… semplicemente per conto mio. Poi ho incontrato Brad Albetta, che è il co-produttore dell’album e il produttore del disco di Martha Wainwright. L’ ho incontrato a New York e ho utilizzato il suo studio. Poi siamo diventati amici e abbiamo deciso di lavorare ad una co-produzione del disco

Proprio questo volevo chiederti, come è stato lavorare con un’altra persona a fianco…
E’ stato molto graduale e semplice, per il fatto che soprattutto siamo amici. Non è stato propriamente come ingaggiare un produttore, spendere dei soldi… Si è svolto tutto in amicizia quindi in modo semplice

Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Per il momento soprattutto andare in tour e suonare dal vivo.


Giulia Nuti

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