Best music biography of 2006. Fascinating and indepth, elegant and wise, Joe Boyd’s ethic is much missed in today music’s babylon
Nell’attesa che qualche editore pubblichi PRESTO la biografia di Joe Boyd, eminenza grigia della scena britannica dalla metà degli anni sessanta ad oggi e saldo al timone di un bastimento che propugna serietà, rigore ed idee chiare, non possiamo che felicitarci con l’editore originale (www.serpentstail.com) per aver dato a Boyd carta bianca in quella che riteniamo- sia solo il primo di, almeno, quattro volumi.
“White Bicycles” racconta con dovizia di particolari e profonde riflessioni perché oggi siamo giunti al fondo del barile e perché difficilmente torneremo indietro. In poche parole “White Bycles” è un libro sulle qualità etiche della musica, che non vuol dire essere duri e puri ( e bischeri!.) ma vuol dire essere Record Men in un epoca di veri Record Men. Ecco allora gli anni sessanta di Gorge Wein, Ahamet & Nesuhi Ertgun, Phil, Leonard e poi Marshall Chess, Bob Thiele, Chris Blackwell, Jac Holzman e un sparuto manipolo di altri pionieri della discografica che oggi ancora sopravvive intatta, quel cosiddetto “catalogo” che tiene in un vita un’industria morta e sepolta già da un po’.
Boyd, che preferì la Gran Bretagna alla sua America, da bravo bostoniano harvardiano quale era, fu e resta un benemerito. La lista di scoperte ed intuizioni è troppo lunga per essere riportata correttamente : dall’UFO club di Covent Garden al gruppo di design Hapsash & the Colored Coat, dai Pink Floyd di “ Astronomy dominè” ed “Interstellar Overdrive” ai prediletti Incredibile String Band (quando erano ancora un duo), dai Fairport Convention, all’amato Nick Drake, da Vasti Bunyan a Dr Strangely Strange, dai Brotherhood of Breath del sudafricano Chris Mc gregor a John Martyn il viaggio è lungo e ci pare assolutamente non portato a termine.
Ci vorrebbero dieci, cento, mille Joe Boyd per restituire alla musica un senso ed un valore. Intanto ci teniamo lui e una frase chiarificatrice che il produttore attesta a Karl Marx e la dice lunga sulla vacuità dei nostri giorni e di tante nostre motivazioni e giustificazioni. “Quando la storia ripete se stessa diceva Marx - si va prima incontro ad una tragedia, poi ad una farsa”.
Ecco perché è bene che certe cose, musica in primis, non si ripetano e certi gruppi non si riformino se non solo una tantum. Per non ridicolizzare e sciupare il lavoro di colossi del buon gusto e del fiuto sottile come Joe Boyd.
Ernesto de Pascale
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