Excellent player for a good album, full of atmosphere

La scozzese Savourna Stevenson è musicista di lunga militanza. La sua carriera è iniziata infatti alla fine degli anni ’70, a soli 15 anni, quando ha suonato per la prima volta alla Queen Elizabeth Hall con i Fairport Convention, Ralph McTell e Martin Carthy. Figlia di uno dei più importanti musicisti della Scozia, Ronald Stevenson, è molto richiesta per comporre ed eseguire brani destinati al teatro, alla danza e alla televisione, ma si distingue per un grande lavoro di ricerca con la sua arpa, elettrificandola e trasportandola in atmosfere rock e jazz. In questo album un’atmosfera nordeuropea decide di contaminarsi in parte con quella della Persia grazie alla presenza dei percussionisti iraniani Dhachid e Bijan Chemirami. Una contaminazione più nella prassi strumentale che nello stile. Il linguaggio è sì trasversale ma l’atmosfera celtica è la base per brani più elaborati che non necessariamente guardano a oriente. Basti pensare alla prima traccia, Persian Purple Blues, dove quest’ultimo termine non è messo a caso. Dell’album sono più efficaci gli strumentali: i brani cantati, su testi del poeta gaelico Aonghas Macnacail e dal volume The Prophet di Kahlil Gibran, risultano a volte stucchevoli, anche per la voce di Alyth McCormack, interessante ma non indimenticabile.

Michele Manzotti