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Stefano Barotti
Prato, Officina Giovani 22 maggio 2007
Dalla Riviera Apuana, luogo di passaggio e confine, è arrivato per la prima volta a Prato Stefano Barotti: chitarrista acustico di chiare influenze folk americane miscelate alla canzone d’autore nostrana.
Negli spazi pratesi di Officina Giovani, Stefano e La Macchina Speciale danno inizio a un cammino verso paesaggi agresti, onirici, fatti di metafore semplici e similitudini che piano piano risvegliano entusiasmo e partecipazione.
Le canzoni in scaletta sono tratte per la maggior parte dal nuovo album Gli Ospiti. Si comincia con L’uomo più curioso del mondo, coinvolgente e quasi radiofonica. Con i brani successivi, soprattutto con la simpatica L’angelo e il diavolo, il clima della cella frigorifera dei vecchi Macelli Pubblici di Prato si scioglie e si distende, permettendo all’artista di raccontare piccoli aneddoti legati a ogni suo pezzo. Colpiscono soprattutto quelli legati a Tempo di Albicocche e a Il profumo dei sogni, il cui testo non è altro che una poesia spedita a Stefano da una ragazza di Napoli (Carmen Gargano), resa in musica attraverso sonorità legate ai compositori genovesi anni ’60 come Paoli e Tenco.
L’influenza di De Gregori nel ritmo e di Dylan nella metrica è chiara fin dalle prime battute ed è piacevolmente inserita in un territorio che avrebbe tutte le carte in regola per essere più valorizzato, anche a livello di pubblico.
Linda Augugliaro
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