The Cycle is Complete ! English’s original Pub Rock hero goes Redneck and converts his american redneck musical partners, thanx to some shit. Electric!
Bar band per eccellenza, Jackshit ( Pete Thomas e Dave Faragher,due terzi degli Imposters di Elvis Costello più Val McCallum dalla Jackson Browne Band ) sembrano divertirsi pi che mai con il loro electric redneck style, che se pur non porterà lontano li impone come straordinari interpreti di una frangia del country oggi un po’ persa e in mano a pochi nomi celebri. Lo stile del trio, grazie all’inglese Thomas, è altresì radicato nel pub rock dei primi settanta, quella mistura in qualche modo originale che traeva ispirazione proprio dal sound che oggi Jackshit propone. Un ciclo è quindi completo, potremo azzardare a dire e così è: la convinzione e l’autorevolezza è un’altra rispetto ai settanta (si ascolti “Home in My Hard“ come termine di paragone) grazie anche a una riacquisita sobrietà e grazie anche a una conoscenza più profonda dello stile e di quali obbiettivi una band così può raggiungere.
Rispetto a certi nomi ben più altisonanti dell’attuale panorama dell’alternative country - gente strana a tutti i costi - Jackshit offre musica di altissima qualità e una varietà di idee non comune; “Price of Love” degli Everly Brothers è riproposta in una versione che sembra uscita da un disco della mitica (ma minore ) superband di Nashville dei primi settanta, Area Code 615 con l’armonica e la slide di Mac Callum in bella mostra mentre la versione accorata, vagamente Gospel, di “Long Black Veil” di Johnny Cash è tra le migliori mai sentite. Le sorprese che ci riservano Jackshit non sono però finite qui, perché il loro secondo album presenta un altro tributo a Gram Parsons (“Lazy Day”), così come era già accaduto nel precedente con “Devil in disguise”, e una versione rockabilly di “Big River” che vira decisamente verso quella dei Grateful Dead nei loro mitico tour europeo del 1973, una tour che influenzò largamente il Pub Rock Britannico. Sen non bastasse, il tradizionale “ Pretty Polly”, apparentemente innocuo, prende una piega rockblues primi settanta con una coda pesante che piacerà ai più anziani headbangers di una volta.
Un album divertente, brioso, ben suonato, con tante idee, dimostrazione che la semplicità vince sempre e che non basta essere gregari di lusso per avere il sedere riparato e al caldo. Jackshit si sono prodotti, infatti, l’album da soli e si danno un gran da fare per tenere in vita un progetto in fin dei conti accessorio, che pare assuma pieghe esilaranti le volte in cui al trio si unisce Jackson Browne per interpretazioni live assolutamente improbabili e vietati ai minori.
Bello il finale brillante con “Dangerous Crossing”, secondo la bibbia di Commander Cody e dei suoi originali Lost Planet Airmen a completare una festa che non ha attimi di cedimenti e che ci piacerebbe moltissimo vedere riproposta dal vivo in Italia.
Ernesto de Pascale
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