Two years later, the great couple Campbell-Lanegan is back with a very good disc; made of desperate country-blues songs in the first part and very tender ballads in the final ideal B-side.
A due anni di distanza da Ballad Of The Broken Seas la strana coppia Campbell Lanegan ci riprova con questo Sunday At Devil Dirt. Per la splendida Belle di Belle & Sebastian e l’ex duro dei Queens Of The Stone Age è il rinnovarsi di un sodalizio artistico che, insolito in partenza, si sta rivelando molto proficuo.
I due artisti esplorano le strade del folk e del blues come nel disco precedente. Questa volta non c’è un singolo come Ramblin’ Man a trainare la distribuzione, ma l’opera appare senz’altro più matura, se questo termine si può utilizzare per due simili animali da palcoscenico.
Idealmente si potrebbe dividere Sunday At The Devil Dirt in lato A e B. Infatti si ha l’impressione di trovarsi di fronte ad un’opera dal doppio volto. Piena di canzoni malinconiche e sostanzialmente maledette nella prima parte per poi virare verso delle ballate pop-country dalle melodie dolcissime.
Alla riuscita di questa bipartizione contribuisce sia la voce dannata di Lanegan, capace però di regalare insoliti momenti di tenerezza, sia la flebile vocalità di Isobel Campbell che completa benissimo la rudezza del compagno.
Delle ballate per così dire disperate fa parte la traccia numero 1, Seafaring Song, introspettiva sopra un tappeto armonico essenziale, in ambedue i sensi di scarno e sposato perfettamente al duo. Così come in The Raven, cupa storia d’amore terminata ricordata da un corvo dalle ali rotte. In Salvation e in Back Burden, Lanegan canta da solo con pochi cori di sottofondo, il risultato è quello di due veri e propri spiritual venati di blues. In Who Built The Road e nella sensuale Come On Over (Turn Me On) la memoria corre a una collaborazione simile ormai consegnata alla storia, quella peregrina tra il maledetto Nick Cave e una giovane Kylie Minogue in Where The Wild Roses Grown. Si può dire, in effetti, che quel duetto sia stata la scintilla dalla quale si è poi sviluppato il fuoco di questi due album.
Segue The Flame That Burns, la quale è più o meno la Ramblin’ Man del disco. Orecchiabile, tipicamente country, con un giro di chitarra che la accompagna dall’inizio alla fine, un ritornello ripetuto e praticamente parallela nelle voci. E’ solo un anticipo per la voluttuosa Shot Gun Blues, tra i migliori pezzi del disco, una slide guitar affilatissima accompagna la sola voce della Campbell; ammaliante.
A questo tagliente blues fanno da antitesi gli ultimi quattro pezzi che, come già detto, potrebbero formare un B-side. Si tratta, infatti, di dolci ballate dal sapore, dove perfino il rude Lanegan riesce a sciogliersi. Ecco quindi Keep Me In Mind Sweetheart e Something To Believe. Quest’ultima è quasi una ninna nanna ed è la dimostrazione di come il duo sappia perfettamente uscire dal cliché del country maledetto. Trouble è quasi pop e forse è il pezzo meno convincente del disco, chiuso infine da Sally Don’t You Cry, un altro raggio di sole di folk melodico che fa da contrappeso alle nuvole dei primi pezzi.
In sostanza Sunday At The Devil Dirt è un bel disco, pieno di canzoni nel senso puro del termine, dalla super coppia C&L è lecito attendersi ancora molto in futuro, per ora c’è la possibilità di gustarsi un opera tradizionale e moderna allo stesso tempo, una vera e propria prova di passione musicale da parte degli interpreti.
Matteo Vannacci
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Track List
1. Seafaring Song
2. The Raven
3. Salvation
4. Who Build The Road
5. Come On Over (Turn Me On
6. Back Burner
7. The Flame That Burns
8. Shot Gun Blues
9. Keep Me In Mind Sweetheart
10. Something To Believe
11. Trouble
12. Sally Don't You Cry
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