Chi ricorda i fasti di un giovane e irrefrenabile Roky Eriksson alla testa dei texani 13th Floor Elevators nella esatta mezzeria dei sessanta, da molti “ipotizzati” e “ somatizzati” ma da pochi ascoltati prima del 1977, si dimentichi tutto.Roky è un altro Roky: Roky è un uomo che ha vissuto tante vite, Roky è un artista che scrive la musica popolare in prima persona e lo fa con un rauco raspo vocale e un incedere incedere da vecchio Dylan ( Be and Bring me Home, Goodbye Swet Dreams ) ma niente a che vedere con le cavalcate acide e il jug di Tom T. Hall che distingueva gli Elevators dal resto delle band che segnò indelebilmente l’epopea garage.
Roky, uno dei tanti Roky, torna con il suo primo album in 14 anni, True Love Cast Out All Evil, insieme a Will Scheff e i suoi Okkervil River che fanno da balia ai sogni psichedelici di un uomo torturato dai propri demoni e restituito a noi solo per espressa volontà di chi lo preferisce meglio vivo che morto. Le canzoni di questo album di ritorno sono scritte negli anni bui trascorsi al Rusk State Hospital for the Criminally Insane; canzoni che avranno certo dato un senso di sollievo e di speranza a chi come Eriksson stava molto male ma che è difficile contestualizzare in un qualsiasi panorama attuale nel nome del ritorno di un tale colosso della musica reverberata.
Il team delle due parti non è una sorpresa visto che Eriksson si fece accompagnare dalla banda a SXSW già nel 2008 e nel 2009 e una certa comunanza non può sfuggire. Qui gli Okkervill River non sono loro per come li abbiamo conosciuti e amati ma ciò che oggettivamente serve a un uomo che cammina su un terreno minato ma che ancora riesca a cantare ballate trasognanti come Forever.
Si scrive questo non perché tutta la musica debba essere a tutti i costi contestualizzata ma perché in molti compreranno questo disco sull’onda del mito restando poi straniti.
Ecco allora che True Love Cast Out All Evil è più simile alle canzoni di Swan ne Il Fantasma del Palcoscenico con tutta la sua onirica insana follia malata che risale a galla nella gabbia dorata del buen ritiro, quasi obbligato a scrivere e a risuscitare demo e nastri andati persi chissà dove fra un elettro shock e un altro. E’ la storia dei puri che si ripete:certo, si deve riconoscere il candore, la purezza di un uomo nuovo nel corpo di un vecchio malandato ma un po’ di malinconia non può non apparire lampante all’ascoltatore anche se il ruolo di Scheff e dei suoi, precisi come non mai, è quello di far pulito di cattivi pensieri, peraltro riuscendoci spesso.
Il miglior consiglio che si possa dare all’ascoltatore è dimenticarsi dei 13th Floor Elevators, della loro saga e del loro mito, concentrasi strettamente sulla musica e le canzoni, senza terze o seconde congetture. Solo allora potrete davvero apprezzare.
V. Bakshi
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