. |
Joe Bonamassa - Blues De Luxe
IDN Medialist Entertaiment 60229 USA 2003
Sarebbe facile etichettare Joe Bonamassa come l’ennesimo clone di Stevie Ray Vaughan giudicando d’istinto questo Blues De Luxe, ma sarebbe anche tutto sommato ingiusto. Il mondo intero, specialmente quello artistico, é fatto di copie più o meno riuscite e Bonamassa non é tra i peggiori aspiranti bluesmen in giro, dove spicca, a mio modesto avviso, Sean Costello per ortodossia e maturità sonora. Bonamassa avrà pure ascoltato « Live at the Regal » a sei anni, ma colui che schizza fuori dai primi tre pezzi é un chitarrista feroce che assomiglia come una goccia a SRV nell’iniziale « You upset me baby », s’illustra con sfacciataggine alla slide in « Burning Hell » di J.L. Hooker, e in « Blues De Luxe » si dice ispirato da Jeff Beck cominciando bene un Blues lento che finisce in un fuoco d’artificio di piroette chitarristiche. Se da un lato Bonamassa canta bene, con una voce maschia e scura molto adatta al Blues, dall’altro, come molti altri chitarristi giovani e meno giovani, al secondo giro d’assolo comincia a dar fuori di senno aumentando volume e velocità a dismisura. Verrebbe da fermarsi qui, tanto questo modello e i medesimo errori sono stati ripetuti all’infinito da un numero indeterminato di chitarristi. Improvvisamente, come in quei piccoli miracoli quotidiani che non Ti aspetti, la musica svolta : ci si rilassa con « Man of many words » di Buddy Guy, l’acustica « Woke up dreaming », innervata da un accompagnamento chitarristico tecnicamente complesso, e « I don’t live anywhere », un bel lento brullo, vagamente Soul, con un grande Bonamassa alla voce che finalmente lavora di cesello anche all’elettrica. Il pezzo migliore con « Left Overs », uno shuffle di Albert Collins. Con « Wild about you baby » si ritorna ad un’idea che deve serpeggiare in molti aspiranti Bluesmen : se suono i Blues classici, o scritti dai grandi della storia del Blues, diventerò Bluesman anch’io. Sullo stesso concetto viaggia anche « Long distance call », dove Bonamassa può lavorare sulla voce con buoni risultati, per poi ripetersi con un assolo alla dinamite, per fortuna corto. Con « Pack it up » e le seguenti canzoni fino in fondo al CD si ripete lo schema da « Man of many words » in poi, un alternarsi di sciabolate di slide, assoli torridi e momenti acustici più gradevoli come la finale « Mumbling word ». Concludendo, il cantante c’é mentre il chitarrista é ancora immaturo. Poi servono altre trentamila cose, ma a ventisette anni un musicista, seppur precoce, é ancora in fasce e la vita davanti non può che sorridere.
Luca Lupoli
tutte le recensioni
Home - Il Popolo del Blues
NEWSLETTER
|
. |