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Angela Milanese - Un'altra musica
(Ice - Self)
www.angelamilanese.it
www.self.it



A new female voice & composer from italian scene explains her working method after her debut album.

Forse da un disco non possiamo sempre aspettarci il capolavoro che ci cambia la vita. Ma al tempo stesso ci consideriamo ascoltatori soddisfatti se troviamo serietà di intenti e ricerca della qualità. O la canzone trattata come un quadro, inteso come risultato di tecnica e di ispirazione. Angela Milanese, alla sua prima prova, ci dà tutto questo. Una serie di 11 brani che scorrono agevolmente nel lettore cd, grazie a un grande gusto per la melodia e ad arrangiamenti in parte di marca pop, in parte jazzati. Sono tutti brani originali, e questo è un grande merito dell'artista che non ha ceduto al legittimo richiamo delle cover (anche una, di qualità, di solito non guasta mai), e soprattutto con attenzione posta in egual modo tra musica e testi. Sono tanti gli echi che risuonano nelle canzoni di Angela Milanese: ci troviamo il Lucio Battisti dell'ultimo periodo con Mogol (Ali di Farfalla), ci troviamo a volte l'Antonello Venditti nel rapporto voce-pianoforte (Non è tempo), ci troviamo Mia Martini non come timbro di voce ma come approccio alla tecnica vocale (Voice), ma anche il gusto tutto anglosassone della ballata mediata attarverso una prassi italiana nel trattamento melodico (Se io potessi... ne è un esempio felice), o il pop nostrano anni '70 ispirato dal gospel (Un'altra musica) Il tutto sorretto da arrangiamenti che vedono pianoforte (Michele Bonivento) e contrabbasso (Maurizio Nizzetto) protagonisti in un continuo dialogo con i fiati di Gigi Sella e David Boatto (rispettivamente sax soprano e tromba). Un prodotto solista, cantautorale, con la voce che si mostra come protagonista ma che è anche frutto di un lavoro collettivo. Per questo non ci limitiamo alla semplice recensione ma abbiamo voluto conoscere meglio un'autrice-interprete che fa ben sperare per un futuro ancora migliore dopo una confortante prova d'esordio.



L'intervista


Nel tuo curriculum ci sono esperienze in cori o ensemble vocali. Quando e perché hai deciso di diventare solista?
La mia esperienza all'interno di ensemble vocali è stata fondamentale per la crescita come cantante ed occupa tuttora una parte importante del mio lavoro: l' esperienza di corista (sia di supporto a nomi famosi sia facente parte di un assieme come il Venice Gospel Ensemble o il sestetto vocale) è sempre andata comunque di pari passo con quella di solista; negli stessi ensemble mi alterno tra i due ruoli ma parallelamente a queste realtà ho continuato a proporre vari repertori con la mia band di musicisti fidati. Sono sicuramente due modi diversi di cantare e quello di far parte di un assieme è un'esperienza affascinante ed emozionante che consiglio a tutti i cantanti: da anni collaboro col coro e col sestetto vocale diretti da Luca Pitteri (maestro di canto della trasmissione Amici), un grande arrangiatore e estimatore della vocalità d'assieme, a cui devo riconoscere un'indubbia serietà e una instancabile passione nella ricerca dei suoni e dell'interpretazione. Il fatto di creare un'armonia, uno spessore, una profondità della linea melodica ha l'effetto di "muovere" l'anima come nessuno strumento acustico sa fare quanto la voce, quando essa si mette a servizio delle altre senza desiderio di ostentarsi necessariamente ma col solo intento di cercare l'accordo perfetto e la magia di un'orchestra umana: è indubbiamente un'esperienza sublime.

Un altro passaggio è quello da interprete a compositrice. Come è avvenuto?
In realtà il mio approccio al canto è stato fin da bambina determinato dall'esigenza di esprimermi attraverso la scrittura di melodie e parole. Il mio stesso esordio con un pubblico è avvenuto a 18 anni con la partecipazione ad un concorso dove mi presentavo con una canzone scritta e interpretata da me (con quel pezzo peraltro vinsi il concorso). In seguito le proposte da parte di gruppi di vario genere mi hanno portata a interpretare repertori altrui tra i più disparati, dal rock funky al jazz, dal gospel all'etnico, dal soul alla dance, non tutti frequentati con la massima competenza, devo dire, ma sempre col desiderio di imparare e crescere. In me è incominciato a sorgere indubbiamente un sentimento di pudore nei confronti delle mie scritture che ho pertanto lasciato irrealizzate in bozza per molto tempo, fino a che un giorno mi son detta: perché non provare ad essere davvero me stessa? E' nato così Un'altra musica! Il mio stupore e la mia gioia erano immense nel rendermi conto che le mie canzoni piacevano ai musicisti da me convocati a realizzare il disco e ancora più grande la gratitudine per quelle persone, fedeli nel seguire il mio percorso di cantante, che hanno acquistato e apprezzato il mio disco.

Canzone d'autore e jazz, due mondi che si stanno sempre più avvicinando tra loro. Sei d'accordo con questa nuova frontiera? E tra i due generi al quale ti senti più vicino?
Se per jazz intendiamo una sonorità per lo più acustica e raffinata, caratterizzata da determinate soluzioni armoniche, dalla ricerca delle dinamiche e dalla necessità di lasciar spazio all'improvvisazione, a questo mi sento vicina. Il jazz l'ho cantato per anni e tuttora continuo a proporlo, ma trovo indubbiamente sterile fermarsi a continuare a proporre esclusivamente gli standards e a riprodurre stilemi stilistici. Questa è una buona scuola. I testi degli standards jazz non fanno altro che parlar d'amore nei modi sì eleganti ma al contempo banali, la canzone d'autore ha talvolta trascurato la musica per lasciar spazio alle parole. Questa nuova frontiera è sicuramente il tentativo di mettere insieme le parti nobili dei due generi, ma rischia di diventare una moda e, come tutte le mode, vuota. Credo sia difficile oggi riconoscere in questa nicchia di genere la genuinità di un artista e del suo lavoro dalle più numerose operazioni discografiche fatte a tavolino. Mi auguro solo che questa moda invogli la gente ad avvicinarsi sempre di più alla qualità del sentire con le orecchie e col cuore.


Michele Manzotti


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