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Casi Umani

Steely Dan – Everything Must Go

(Cgd)

Il nuovo album di Donald Fagen e Walter Becker meglio conosciuti come Steely Dan, “Everything Must Go” ha una grave pecca.Essa non è evidente neanche ai più avidi e attenti ascoltatori nè a chi seziona le di per se complicate musicali parti del duo ma verrà subito all’occhio a quella ristretta cerchia di fans paragonabili, solo, ai frati di clausura che vivono e si nutrono di poco senza mai lamentarsi e magnificano le ristrettezze. Come essi infatti noi siamo cresciuti abituandoci faticosamente a tempi di attesa più simili alla media dei ritardi degli Eurostar che a quelli della odierna (in)sana industria discografica. Tre anni fra “Aja” (1977) e “Gaucho” (1980), ben 15 anni fra quest’ultimo e uno striminzito album dal vivo – inframmezzati da album solisti, produzioni e revue revivalistiche – ma, più precisamente, 21 fra “Gaucho” e “Two Against Nature”, il disco del ritorno ufficiale. Ecco, adesso, dopo tutto questo penare, dopo l’abitudine alla morsa, al ripasso, alle riunioni carbonare, all’accettazione da parte del ristretto club di seguaci di un nuovo più smaliziato pubblico venuto solo dopo, ecco, adesso, i due imperscrutabili artisti danno alle stampe una collezione di nuove canzoni, nove, a soli due anni dal precedente. Una decisione del genere da parte dei due cinquantenni potrebbe portare alcuni dei fans della vecchia scuola ad abbandonare i voti e a convertirsi ad altro. Ma basta far girare il dischetto che scopri di essere al solito punto di non ritorno di sempre e accetti l’idea che questo “Everything Must Go” ti resterà nel lettore almeno per tutta l’estate o forse ancor di più.
Stiano sicuri i più anziani seguaci della formazione, che nel 1974 abbandonò le scene per diventare il più succulento ensemble di studio players del mondo, perché “Everything Must Go” nonostante sia stato lavorato in soli 24 mesi, e che periodo, quello attraversato dall’undici settembre 2001!, it’s a classic from the start. Il disco si insinua lento sotto pelle, si infila fra le pieghe del vivere quotidiano e descrive quella realtà parallela che Fagen e Becker vivono da sempre e che tanto piace ai loro seguaci. Essi sono quello che nessuno – o pochi di noi – è e che tutti vorrebbero essere. Il nuovo album descrive con accordi improbabili e impalpabili e parole sofisticate ma dalla attitudine stradaiola quello che ti passa accanto e non ti tocca ma che loro riescono a scovare come due Sherlock Holmes abituati a estrarre i più rari particolari dalla vita di tutti i giorni per risolvere avvincenti casi. Si esimi dal commentare chi pensa però che da queste parole si evinca che “Everything Must Go” sia solo il nuovo album di Walter e Donald. Esso è ancora una volta qualcosa di più. Provate ad affrontarlo seduti dietro i tasti di un pianoforte o a cantarlo, sillaba dopo sillaba con Fagen, per capire che è l’ennesimo disco al limite del possibile del duo in una sfida all’ipotetica della improbabilità, attendibile solo per due lucidi folli dai percorsi mentali labirintici. E quando nel quarto brano, “Godwacker”, i due musicisti si misurano con i propri strumenti – finalmente seriamente- licenziano un paio di assoli di cui Thelonius Monk sarebbe fiero e il tutto senza che nessuno possa scandalizzarsi o offendersi, poca importa se il brano è, poi, la messa in scena di un impossibile colpo omicida alle spalle di un qualche dio onnipotente! Così, quello che per qualcuno può essere scambiato per abitudine – il disco corre su un binario costante senza apparenti colpi di coda – per i due è un dolce ossessione. Ascoltate i sincroni della sezione ritmica e immaginate intere giornate passate ad assimilare il feeling del beat perfetto. Perchè per Fagen e Becker non è mai il cosa suonare ma il come ed è questo il motivo – parole di Walter – per cui il duo nella loro lunga carriera ha interpretato un solo brano altrui ( “East St.Louis Toodle Oo” di Duke Elleington, nel loro terzo album, “Pretzel Logic “) . Ecco allora che, attraverso questo piccolo breviario di suggerimenti, anche i nuovi ascoltatori di Steely dan potranno trovare la propria reason why e realizzare – prima o poi – la grandezza di un duo che non si preoccupa certo di spiegarsi. E, per i più puntigliosi, lì dove non riuscirà a convincere questa musica così falsamente rassicurante, sarà lo stile cinematografico dei testi a fare il resto.”Everything must go” pur non toccando i vertici di “Aja” e/o di “Gaucho” it’s pure Steely Dan’s style Y2K3. È il perfetto seguito di “Two Against Nature” che solo loro potevano produrre. E se a qualcuno il disco potrà sembrare senza pretese, questo anticlimax è solo un vecchio trucco - per attirare una maggiore attenzione – che i due adottano da molti anni, questi un codice di riconoscimento fra i due e i loro seguaci.
If to somebody”Everything Must Go” it will sound too slick, with lack of pretiousness, we declere this is just being an old trick the guys used us to long time ago.

Ernesto de Pascale

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