A band within a band is still a band. Even eight years after the release of its last record album
Per essere una band che in 14 anni ha pubblicato solo 4 album, Golden smog comunicano un rassicurante senso di continuità. Basti ascoltare il precedente “Weird Tales” del 1998 e subito dopo questo “Another fine day “ per capire che qui c’è un’idea dominante che va oltre il lavoro dei singoli artisti nelle rispettive band. Affluiscono infatti in Golden Smog musicisti provenienti da Jayhawks, dalla band di Steve Wynn, da Zuzu’s Petals, da Run Westy Run, dai Soul Asylum e anche Jeff Tweedy dei Wilco e Jody Stephens di Big Star.
Gli ultimi sei ani d’attesa vengono saltati a piè pari con un uno-due ben piazzato in apertura (“You make it easy”, “Another fine day”) che la dice lunga sulle intenzioni di una band la cui unica finalità è sputar fuori tutto ciò che ha ingurgitato voracemente negli ultimi ani a livello sonoro. Eco di Garm Parson, Led Zeppelin, Kinks (di cui risuonano magistralmente e con originalità “Strangers”, un brano di Dave Davies), Buzzcocks, Flaming Lips, Gozzilaz (fra i preferiti del’ensemble a leggere la scheda del gruppo) per una miscela dai sapori americani che galleggiano fra power pop (Jody Stephens di Big Star fa sentire tutta la sua autorevolezza nel genere quando tocca a lui, come in “Hurricane“) e psichedelica (“Beautiful Mind“), fra echi di chitarre alla Neil Young, un classico al giorno d’oggi (“Corvette“) e ballate sognanti dal sapore post westocostiano (“Think About Yorself“).
Golden Smog sono più della somma di ciò che ogni singolo gruppo di appartenenza produce e ha prodotto, sono un bande dentro le band. Se ci ragionate su un attimo realizzerete che è semplicemente un piccolo miracolo.
Ernesto de Pascale