David Gilmour
Piazza Santa Croce Firenze 2.08.2006
Successo annunciato dell’estate fiorentina 2006, il concerto di David Gilmour tenutosi nella storica cornice di Piazza Santa Croce ha mostrato pregi e difetti di uno spettacolo che nella sua versione invernale aveva riscosso molti successi e si era rivelato una conferma per un rinnovato interesse verso nuove composizioni da parte del chitarrista dei Pink Floyd.
Nella sconfinata piazza secolare secondo voi cosa vede chi siede in settantesima fila e paga sessantacinque euro? buona parte delle nuove composizioni hanno però perso forza e non se ne coglieva bene l’essenza specialmente quelle strumentali costruite intorno a modulazione concentriche di accordi e dai colori più tenui, che sono poi quelle che il chitarrista pare preferire.
Gilmour con “On a Island”, quasi un concept album, si è voluto staccare dal passato troppo pressante dei suoi ex colleghi di sempre anche se la formazione dal vivo ha ancora molti punti in comune con alcuni storici line up “espansi” dei Floyd. Troppi
Ecco allora Guy Pratt al basso, già in The Wall, Dick Parry al sassofono, già in The Dark Side of The Moon, oltre a Rick Wright, organista dei Pink Floyd e fido partner di Gilmour come per Roger Waters oggi lo sono Nick Mason, batterista dei Pink, e Snowy White, chitarrista con quel gruppo dai tempi di The Wall. Solo la presenza di Phil Manzanera restituiva al gruppo di Gilmour visto a Firenze quel senso di ricerca che la stampa estera ce lo conferma nella realizzazione di “On a Island” ha avuto nel chitarrista dei Roxy Music un protagonista importante.
Sarebbe curioso leggere la curva delle vendite in Italia del nuovo Gilmour dopo le date di Firenze e di Venezia.
Non crediamo che quelli convenuti in piazza per “Wish You Were Here”, “Confortably Numb”, “Shine on You Crazy Diamond” e “Breathe” siano davvero il pubblico attivo del chitarrista di Cambridge e crediamo che Gilmour ne sia consapevole.
Quando nella seconda parte dello spettacolo ha suonato “Echoes”, al lunga suite che caratterizzò l’album “Meddle” del 1972 - dopo “Atom Heart Mother” prima di “The Dark Side of the Moon “ - sono tornate a galla tutte le buone ragioni dei Pink Floyd e un’epoca in cui la formazione non era ancora appagata dal successo, non ancora concettuale. Erano gli anni in cui i Pink Floyd dovevano ancora conquistare qualcosa e niente era dato per scontato. Quei tempi sono lontani. Andati per sempre. Nonostante un evidente rinnovato amore di David Gilmour per la chitarre.
Lontanissimi sono gli anni degli esordi dei Pink Floyd all’UFO Club di Tottenham Court Road nonostante una fedele esecuzione della splendida “Astronomy Domineè” di Syd Barrett e a lui espressamente dedicata ( nella tournee invernale David suonava “Arnold Layne” e l’inedita “Dominoes” di Syd e ci dispiace che esse siano state tolte di scaletta nel nome di un set più generalista ) e non ci è dato di sapere il pensiero attuale di Gilmour fino in fondo. Questo è quanto.
Solo due giorni fa il chitarrista ha infatti dichiarato al Daily Telegraph che auspica una reunion del gruppo per un concerto espressamente dedicato al fondatore dei Pink Floyd.
Sarebbe la conferma che tutti gli scheletri nell’armadio che abbiamo visto apparire in piazza Santa Croce - gli stessi che apparvero al concerto lucchese di Waters - danzano ancora in cerchio intorno a Gilmour e non hanno smesso di infestargli la mente, rendendo duro, sempre più duro, il percorso verso un futuro che nessuno vuole che intraprenda. Forse neanche lui.
A David possiamo allora solo dedicare il titolo di un vecchio brano di rock & roll “ You can’t put your arms around a memory “.
E augurargli in bocca al lupo.
Ernesto de Pascale