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Randy Newman

Randy Newman
MONTREUX, domenica 09.0706

Mentre l'italia di Lippi faticava a terminare il "lavoretto" promesso dal commissario tecnico viareggino il sessantatrenne losangelino Randy Newman, armato della sola voce, di un pianoforte e di un sense of humor graffiante e caustico non faticava qui a Montreux, nella Svizzera francese, a convincere i cinquecento presenti che continua a rimanere uno dei nomi di punta del cantautorato americano e che non si è smorzato neanche di un po`il suo occhio critico sull'America che cambia e si imbastardisce.
Newman, un ex ragazzone baciato dal sole e dal talento, miliardario da tempi non sospetti e non per merito dei temi delle colonne sonore di "nove settimane e mezzo" e "toy story"!, ha scherzato su tutto e tutti, in primis sugli artisti che non vogliono mollare ("he's dead ( but i don't know yet)"), poi sui finti supercool del dopo katrina (con "shame shame shame") - evitando accuratamente e con tanto buon gusto la celeberrima "Louisiana 1927" - e infine sulla sua stessa famiglia ("la mia seconda moglie ha oggi l'età della prima quando la conobbi, ma non è detto che suo figlio sia sveglio...") e per dare l'ultimo - o meglio il primo - graffio ha aperto il suo show con "it's the money that i love" , lui che dei soldi non sa più che farsene.
Ma Randy Newman ci ha soprattuttop ricordato la grande lezione del songbook statunitense degli anni quaranta cinquanta: quello di Rodger & Haammerstein, di Jerome Kern a Gus Kahn, dei musica come "showboat" o "the sound of music" o, guarda il caso!, la scrittura per il cinema di suo zio Alfred, benemerito della Hollywwod della RKO.
Californiano, o meglio, losangelino dalla testa ai piedi, cantando "Short people" ha rinverdito la favola dorata di David Geffen, "nano" che "it's the money that he loves" o quella piü proleataria dei "little criminals" di "I Love L.A".
Straordinario, semplice, effective e soprattutto sempre funzionale alle canzoni - quelle di Newman durano il tempo della storia non un attimo di più - Randy si è esibito davanti a un pubblico di suoi fedeli fans (molti coetanei, gli altri ragazzini increduli) e ci ha esortato a tornare ai songbook di una volta, a quella tradizione di cui lui fa parte a pieno titolo.
Pochi minuti dopo la fine del suo set l'Italia ha vinto i mondiali di calcio 2006, ma lui già dal palco aveva suggerito "with compliments from Los Angeles, california" prima di tuffarsi nella azzecata "You can leave your hat on".
Chissà se qualcuno a casa si era giocato la serata a poker strip...."

Ernesto de Pascale

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