I passaggi e le mutazioni che caratterizzarono la vita dei Weather Report, la magica Band guidata da Joe Zawinul e Wayne Shorter, rispettivamente pianoforte/ tastiere elettroniche e sax, che elevò il jazz elettrico davisiano a una personale interpretazione sonora assolutamente unica, non furono mai indolore.
Un po’ di storia: dopo un doppio esordio “Weather Report” e “I sing The Body electric”, il primo non del tutto convincente e convinto nonostante le acclamazioni, destinato in prevalenza al pubblico americano, il secondo a quello internazionale, tronco spezzone di un ben più corposo live solo giapponese e riverito nel mondo, la band con il terzo album si lanciò in un vero, magnifico capolavoro. “Sweetnighter” congegnato con una sezione ritmica più funk - Gregg Errico proveniva da Sly & the Family Stone, Dom Um Romao dalle batucade brasiliane con il primo Eumir Deodato - si portava ancora dietro la arcana sperimentazione europeista di Miroslav Vitous che - fra un brano capolavoro qui (“Boogie Woogie Waltz”,”125th Street Congress”) e uno lì (“Will”, “Manolete”) aumentava l’originalità dell’ensemble.
Nonostante tutto però la miscela non riusciva ancora a far scavallare al gruppo la montagna di una percezione più vasta, almeno quanto quella che avevano i compagni di scuderia, Mahavisnu Orchestra, guidati da John McLaughlin.
Zawinul in primis era consapevole di questo: Mysterious Traveler, quarto album era un ibrido dove dietro ai grandi temi - da “Nubian Sundance” alla finale “Scarlet Woman “ - si celava il diffcile passaggio di consegne da Vitous al nero Alphonso Johnson nascondendo bene certe incertezze di fondo. Il quinto album per molti artisti è come il terzo: non si tratta più di farcela o avercela fatta o meno - ce la devi aver fatta, perdio ! - ma di scoprire se una evoluzione stilistica (usualmente quella che viene sviluppata nel quarto album di una carriera) può essere considerata radicata nei protagonisti e nel pubblico più affezionato e,addirittura, destinata ad allargare gli orizzonti.
Tale Spinnin’ con la sua formazione fortemente mulatta (Alyrio Lima, Ndugu Chandler) non sviluppò però altrettanti grandi temi come il precedente nonostante “Badia“, un brano che non avrebbe più abbandonato il repertorio del Bollettino metereologico.
Con “Black Market”, sesto album in sei anni per i Report si ebbe l’impressione a livello mondiale - anche grazie ai molti tour europei del gruppo, a un marketing più aggressivo e al cambio di management - che qualcosa fosse definitivamente cambiato : il nuovo bassista, Jaco Pastorius aveva una fluidità sullo strumento elettrico unica, una forte attitudine rock & roll e già una notevole esperienza nonostante la giovane età. Il nero Chester Thompson dietro i tamburi assicurava una corposità quasi Rythm & Blues compensata dalle percussioni di Alex Acuna.
Neanche questa formula durò a lungo: Thompson scelse senza tanti dubbi l’offerta dei Genesis e la band, con una tournee europea già programmata, chiese ad Acuna di sostituirlo alla batteria.
Per completare il line up Zawinul e Shorter chiamarono alle percussioni l’esuberante Manolo Badrena, un estroso musicista che si era fatto le ossa nelle orchestre salsa per essere poi promosso nei Jazz Messenger di Art Blakey.
E’ con questa formazione - la stessa che da lì a poco avrebbe registrato il successivo”Heavy Weather” che i Weather Report si presentano sull’accreditato palcoscenico del Montreux Jazz Festival edizione 1976 per una memorabile esibizione.
Il festival di Montreux negli anni settanta era un esempio, una mosca bianca, per efficienza e focalità. Il patron, Claude Nobs, univa ed ancora unisce - pur basandosi su ben altri principi commerciali - la qualità alla diffusione di essa. Non soddisfatto dei risultati Nobs dispensava a buon rendere ville e residenze agli uomini più potenti della discografia dell’epoca: i fratelli Ertgun (già proprietari della Atlantic), Clive Davis (presidente della Columbia in fuga per la vittoria), Mick Jagger e molti altri ancora. Eletto a presidente della Warner europea e a primo supervisore del mercato dell’home video Claude disponeva già da anni dei supporti tecnici necessari per registrare audio e video i concerti del festival. Acquisire i diritti era molto più semplice di oggi e le velleità dei registi ai quali venivano affidate le riprese dei concerti non erano egocentriche come quelle dei registi odierni.
Riprendere sul palco del casinò di Montreux un gruppo così esuberante come Weather Report deve essere stata una vera e propria festa. Il dvd dell’esibizione del 1976 era una sorta di araba fenice per i collezionisti. Messo in onda dalla televisione francese non potè più essere riutilizzato a causa dell’utilizzo dei diritti, negato da questo o quel componente.
Attendere fino ad oggi è valsa comunque la pena e lo spettacolo non ha perso niente del suo fascino originale, rimixato con attenzione e ben masterizzato.
Alla grandezza dei leader, impegnatissimi a dipanare temi ed armonie, risponde la vitalità e la fisicità di Manolo Badrena e Don Alias, davvero straordinario alla batteria, che intersecano le loro trame con un divertito Pastorius, sicuro e deciso, dal tocco costante, ancora molto impegnato a prendere le misure (era entrato nel gruppo da pochi mesi) fino al solo di basso - “Portraits of Tracy” - in cui, chiesto ai colleghi di mettersi da parte, riassume e formalizza in tre minuti tutto il miglior bassismo possibili dei venti anni a venire. La performance è magica, la musica scorre come un fiume in piena. Il senso di novità, tangibile. La musica è multietnica anzitempo e Zawinul gioca - intorno all’ora - con un nuovo riff, seminando il tema di quel “Birdland” che avrebbe fatto fare al gruppo il salto definitivo verso il mainstream.
Nobs da una parte, come da sempre è sua abitudine, guardava e sorrideva, immaginando prima o poi di monetizzare. Scommettiamo di ritrovarlo lì a un passo dal palco ancora per molti anni ancora.
Ernesto de Pascale
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Track list
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