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Intervista a Mike Scott dei Waterboys

Grazie a un ottimo album, “The Book of Lightning”, accolto ovunque molto bene, The Waterboys, nella persona del loro fondatore ed ideatore Mike Scott, sono tornati nell’occhio del ciclone. Per la prima volta, non si guarda più indietro ai classici degli ottanta, “Fisherman’s Blues” e “This is The Sea”, ma ci si domanda fin dove si spingerà Scott. Lo abbiamo intervistato in esclusiva per JAM.
“Il successo di “The Book of Lightning” mi ha spinto immediatamente sulla strada, dove resteremo fino al 2008, venendo anche in Italia. Il disco è uscito al momento giusto, quello che la gente voleva e il pubblico ha sempre ragione!”

Per anni però avevi continuato a proporre la tua musica, accettando, a volte, compromessi, con o senza il nome The Waterboys. Il temporeggiare è una tua virtù?
“Non esattamente, anzi, direi proprio di No. Ho dovuo accettare dei compromessi. Avevo un ottimo contratto in America con la Geffen ma dopo il disco “Dream Harder”, un album di buone canzoni realizzate solo in parte secondo il mio progetto, tentai di mettere insieme un gruppo ma non trovai niente che mi soddisfacesse. Mi rifugiai allora a Dublino, prima, e poi in un piccolo villaggio scozzese e iniziai a scrivere altre canzoni, tutte incentrate sul mio stato d’animo. Chiesi alla Geffen di fare un album solo, perdendo molti soldi. Ma queste sono le tipiche esprenze che ti forgiano, che ti fanno capire che un gruppo, un progetto, non è mai solo una questione artistica ma la bona riuscita dipende dalla capacità di gestirti.

Le cose adesso sono profondamente cambiate, no?
Importante è non stare mai troppo lontano dal mercato e dell’industria discografica se - in una fase o in un’altra - dovrai poi lavorarci insieme!.
Il nuovo album è nato prima di qualsiasi contatto discografico. Il budget è stato valutato e verificato, io ho voluto al mio fianco collaboratori che non avevano bisogno di tante spiegazioni, gente in grado di dare il proprio contributo, ci siamo riuniti in studio, messi in cerchio e lasciato scorrere musica ed emozioni. Da una buona parte di questi musicisti sapevo cosa avrei ottenuto, dagli altri me lo immaginavo e una dose di imprevisti rende la musica più frizzante.

Che metodo hai adottato per far decollare il lavoro?
Ho calibrato il lavoro del gruppo sulla registrazione del primo brano dell’album, “The Crash of Angel Wings”. Da lì abbiamo registrato il disco nella stessa sequenza che l’ascoltatore suona nel suo lettore.
Avevi però passato un periodo di preparazione, prima di relazionarti agli altri musicisti ?
La miglior preparazione che ho potuto intraprendere per “The Book of Lightining” è il frutto di un evento parallelo e cioè i molti mesi trascorsi lo scorso anno a preparare l’edizione de luxe di “ Fisharman’s blues”.
Ascoltando e riascoltando quel disco, il materiale lasciato fuori ma anche i dialoghi in studio giunsi alla conclusione che ciò di cui la mia musica aveva bisogno era di ritrovare lo stesso spirito, sia artistico che nell’esecuzione.

Anche lo stesso spirito nella composizione?
Esatto!


Uno dei brani di “The Book of Lightning” era, se non erro, stato scritto all’epoca di “Fisherman’s Blues” e lasciato fuori. Perché e come è tornato in ballo?
“You & The Sky”.All’epoca di “Fisherman’s Blues” ne registrammo una versione too bombastic. era un pezzo a cui mancava maturità. Così lo scorso anno abbiamo cominciato a risuonarlo dal vivo, molti di questi brani sono stati registrati in studio dopo essere stati suonati in concerto!, e il brano a cominciato a prendere la sua forma naturale. Per quanto tenti di piegar a un musicista il motivo, la chiave di una canzone, devi mettere in conto che non sempre ci riuscirai. Anche solo per un gioioso senso di zelo che l’interprete della tua canzone ti vuol comunicare come stima, a volte peggiorando il risultato generale.

Il disco tratta a fondo di temi legati all’amore, all’ineluttabilità di esso…
Più precisamente delle cause e degli effetti dell’amore. È un tema universale, ben radicato nella coscienza dei cinquantenni, ritengo che sia inutile giocare con l’età quando scrivi un testo. Devi cogliere una emozione, metterla in perfetta sintonia con chi sta altrove. Sono molti gli artisti miei coetanei che giocano a fare i trentenni. Ma così rischiano di spezzarsi in un colpo solo.

Tu sei un artista che brucia a fuoco lento…
(Ride) Confermo, confermo. Anche dal vivo. Dipendo molto dall’emozione del pubblico e prima di esercitare su di esso le posture del rock attendo un loro segnale..

… anche perché non c’è solo il rock nella tua musica…
..c’è ancora ben presente questa forma di melodioso richiamo celtico, una sorta di inni per le masse…

Prima di salutarci, parlami di questa tua recente vacanza a Venezia, per il carnevale. Mi pare di capire da ciò che mi accennavi prima dell’intervista che ti abbia influenzato e fatto riflettere sul ruolo dell’artista…
Sono tornato dal Carnevale con un paio di dozzine di maschere della Commedia dell’Arte. Mi ha molto colpito questo antichissimo ed interessantissimo metodo di fare del teatro da strada, completamente improvvisato, diventando protagonisti a seconda delle maschere che si indossano. Chiunque può essere chiunque altro e ci vuole capacità, velocità, interazione. Come nella musica. Le indosseremo dal vivo a seconda del tono e del significato della canzone.
Il massimo - conclude - sarebbe potersi esibire al prossimo Carnevale di Venezia, quando il tour sarà perfettamente oliato, al ritorno dal tour americano, in Piazza San Marco con il pubblico tutto mascherato. Vi assicuro scintille !!!!

Gli agenti italiani sono avvisati. I tempi ci sono. Fate felice Mike Scott e lui farà felici noi.


Ernesto de Pascale

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