.
ANTEPRIMA

Buddy Guy - Skin Deep
(Silvertone)
www.buddyguy.net
www.buddyguy.com

12 good reason to Keep thinking Buddy Guy is still at his best

Buddy Guy continua a suonare il più contemporaneo dei blues chicagoani in giro anche nel suo nuovo Skin Deep, 12 brani caratterizzati da molti ospiti di classe, dalla coppia Susan Tedeschi e Derek Trucks che dà radiofonici a Too Many Tears, a Eric Clapton, da Robert Randolph a Quinn Sullivan.
Caratterizzato da un chitarrismo lucido e pungente che con gli anni si è un po’ andato esasperando, Guy resta a questo punto uno dei pochi sopravvissuti della seconda onda del Chicago Blues - del primo dopo Muddy Waters, giusto per capirsi - e, dotato di un gratificante lirismo vocale che lo differenzia da molti suoi contemporanei, continua a perpetuare quello stile con classe ed ardore.
Per essere più chiari diciamo allora che il blues suonato dal nero Guy, che mantiene inalterato il sapore un po’ legnoso delle primordiali radici elettriche, visto e ascoltato sul palco del Beacon Theatre di NYC al fianco dei Rolling Stones nel documentario di Martin Scorsese, Shine A Light, è quello che oggi definisce la linea di demarcazione tra il vecchio blues urbano e il blues elettrico o rock blues che prese il volo tra i bianchi nella seconda metà dei sessanta.
E se da un lato è sempre più difficile per uno come Buddy Guy spiegare ai giovani musicisti come va suonato quel blues, dall’altra sponda offre una ultima chance all’ascoltatore per immergersi nel cuore della miscela, prevalentemente chitarristica, che nei primissimi sessanta portò il suono della Chess nelle case di tanti studenti bianchi nel mondo.
Guy è però anche un professionista che sa suonare per le grandi masse e - abituato alle arene da quando con il fido Junior Wells aprì la tournee mondiale degli Stones nel 1969/1970 ( quella dell’album Get Yer’ Ya-Ya’s Out “) - in Skin Deep non esita ad andare giù a mani basse quando i soci gli danno modo e agio di esprimersi. E’ il caso della lunga e ben organizzata jam con Eric Clapton in Everytime I Sing The Blues che alza lo status generale del disco con i suoi interminabili sette minuti e mezzo e che mostra due vecchi alle prese con il piacere di suonare insieme, oppure della nazional popolare Skin Deep, una ballatona dai sapori vagamente sudisti - potrebbe essere la risposta a SoulShine di Warren Haynes - che vive bene sorretta, contrappuntata ed avvalorata dalla slide di Trucks.
Finale un po’ più scontato rispetto al resto con un blues ciondolone e di maniera ( Who’s gonna fill those shoes), uno più sperimentale e roccheggiante ( Smell The Funk ) che piacerà alle piazze e un mezzo tempo di atmosfera che niente toglie e niente aggiunge a un buon disco di un ultrassesantenne che attende solo di prendere il posto dell’uscente B.B.King nelle leggende viventi del blues nero.

Ernesto de Pascale

Track List

tutte le recensioni

Home - Il Popolo del Blues

NEWSLETTER

.
.
eXTReMe Tracker