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FESTIVAL

Terza serata


Terza serata e chiusura della ventiduesima edizione del Piazza Blues Festival. Tanto tuonò che piovve: dopo ore ed ore di titubanza, Giove Pluvio ha deciso d’agire all’inizio della serata, ritardando l’ingresso di un validissimo trio ticinese – chitarra-armonica-percussioni - Marco Marchi & the Mojo Workers, fautori di una ricerca musicale alle radici del Blues. Capacità tecniche si sposano felicemente con un groove naturale che rende con lucentezza molti capolavori del passato.

Segue Philip Fankhauser del quale il Popolo del Blues ha già parlato più volte. Allievo di Johnny Copeland, è uno di quei 15/20 artisti europei che fa un concerto d’assoluto valore internazionale, con una band rodatissima dove spuntano gl’assoli torridi di Marco Jancarelli. Fankhauser è ancora migliorato alla chitarra, dove ora, nonostante la presenza di Jancarelli, gioca un ruolo più aggressivo. Belle se non bellissime le canzoni, specialmente “Love Man Riding”, che ha ricevuto una prestigiosa menzione al Billboard World Song Contest.

Sotto un piovasco da tregenda, Jimmi Vaughn, con, tra gl’altri, Lou Ann Burton di supporto alla voce, Greg Piccolo al sax e Ronnie James Weber al basso ha dato vita ad un concerto di buon livello, dove spiccava la professionalità della band e il talento di Vaughn, uno dei migliori chitarristi in attività con un curriculum di grande valore. Forse non tutti hanno apprezzato alcune canzoni tendenza country-Blues, più che altro dovute alla presenza della Burton. Vaughn non incide dal 2001, i suoi album solisti sono stati tutti delle opere piene di finezza e feeling e non resta che attendere impazienti la prossima uscita.

Piatto forte della serata, Robert Cray, artista amatissimo eppur controverso, accusato dalla critica di formalismo unito ad una certa freddezza. Cray spazza questi giudizi nei concerti dove s’apprezzano appieno la ricchezza delle composizioni assieme a quella essenzialità caratteristica del grande Blues, vedasi per esempio “Strong Persuader”. Assoli secchi, scarni per una musica quasi dolorosa, addolcita da Jim Pugh alle tastiere. Cray quasi s’immola alla voce, in una performance di grande sostanza, niente risparmiando, ed è quello in fondo che il pubblico vuole, numeroso nonostante la serata improvvisamente fredda e l’ora tarda.


Luca Lupoli

foto ©Flavia Leuenberger

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