. |
The Lebron Brothers
Arrivano su cd due dischi la cui (ri)scoperta farà senz’altro piacere agli amanti dei suoni latini. Psychedelic Goes Latin/The Brooklyn Bums riunisce in una sola raccolta i due migliori album dei Lebron Brothers, orchestra a conduzione familiare nata nella New York degli anni ’60. E’ una ristampa chiaramente rivolta ad appassionati e completisti, ma che in realtà potrebbe finire senza sorprese fra gli acquisti dei molti appassionati di house, dato che questo particolare suono ha influenzato tanti DJ e produttori degli ultimi vent’anni (e le note incluse nel libretto confermano questo sentore, raccontando che nei club colombiani i dischi dei fratelli vengono suonati ancora oggi, pur se velocizzati a 45 giri!). Quella a cui presero parte i Lebron Brothers fu una piccola rivoluzione che unì i suoni del jazz e del soul, allora le due forme di musica nera più popolari, a ritmi latini come la salsa o il mambo ma anche al rock and roll. Il risultato si chiamò boogaloo, dimostrandosi per circa un lustro un formidabile richiamo per i giovani, e in questo New York, da sempre terreno fertile per le contaminazioni, fu campo di battaglia principe. Come spiega eloquentemente il piccolo inciso del retrocopertina, i Lebron tenevano un orecchio dentro il conservatorio e l’altro rivolto verso la strada. Affermazione che non sorprende, dato che tantissimi musicisti dell’epoca combinavano studi classici con un’inclinazione che li portava a suonare in giro più per localacci fumosi che sale da concerto, ma che in realtà era una caratteristica dell’intero stile. Il boogaloo infatti divenne popolare anche in virtù di una maggiore accessibilità e freschezza rispetto a stili come il mambo o il jazz latino, tradizionalmente più orientati verso il virtuosismo e l’accademia. Dei due album il più noto è senza dubbio Psychedelic Goes Latin, fatto di fiati e potenti linee di basso che si traducono in “stomper” irresistibili come Descharga Lebron o Tall Tale, mentre il meno celebrato The Brooklyn Bums è quieto e rilassato, senz’altro più incline al soul, e contiene brani come You’ve Lost That Lovin’ Feeling, The Village Chant o la splendida Let’s Get Stoned, che lasciano risaltare un lato dell’orchestra più notturno e lontano dalle dancehall. Due album che, messi insieme, illustrano con forza l’ampia varietà di stili che questo gruppo un po’ oscuro mise in mostra durante quegli anni ormai lontani. Acquisto consigliatissimo.
|
. |
. |