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William Parker Quartet Sala Vanni, Firenze 26 Aprile 2005
William Parker is one of the most important characters of the new radical improvisation scene. Here in Florence he demonstrated how free-jazz is not dead; non at all.
Almeno a vedere la programmazione dell’ultima stagione concertistica fiorentina l’improvvisazione più radicale sembra essere stata investita da un rinnovato interesse. Per rappresentare al meglio questa direzione è stato scelto William Parker, contrabbassista cresciuto sotto la guida di Cecil Taylor, e punto di riferimento per tutto il free-jazz contemporaneo.
Qui a Firenze nella Sala Vanni si propone con un quartetto pianoless accompagnato da Lewis Barnes alla tromba, Rob Brown sax alto ed Hamid Drake alla batteria; tutti musicisti abilissimi e dotati di forte personalità.
Certamente ad un concerto del genere ci si trova di fronte a musica di non proprio facile ascolto. Parker non ci risparmia tempi dispari, contrappunti intricati ed assoli esclusivamente rumoristici ed espressivi (non tutti); proprio quest’ultimi sono una specialità di cui da prova nelle sue performance con l’archetto (ed in un episodio anche due).
È anche vero che un certo rigore è pur sempre presente, e questo permette di distaccarsi dalla pura espressione anarchica altrimenti magmatica; in molti casi i brani sembrano svilupparsi proprio grazie a pedali od ostinati che forniscono una solida base per tutta l’intricata architettura che viene eretta sopra. A vantaggio dell’ascoltatore va anche la notevole energia sprigionata dal quartetto ed in particolare dal contrabbassista che dimostra un imponente ed unico senso dello swing, a volte purtroppo contrastato da un’eccessiva presenza della (anche se va detto che la scelta di non amplificare gli strumenti ha giocato un ruolo decisivo in questo aspetto).
Non è un concerto “leggero”, assolutamente, e qualche testa penzolante dalla sedia ne è la prova. Il bilancio finale è comunque positivo: non siamo di fronte ad uno dei soliti tributi, ma a musica che si dichiara attuale e cerca una propria collocazione nella scena presente. Una prospettica tutt’altro che da sottovalutare.
Dimitri Berti
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