Ernesto de Pascale intervista Steve Hackett



L’anima classica dei Genesis degli anni di Peter Gabriel, il chitarrista Steve Hackett torna in Italia per una breve ma intensa acustica in contemporanea alla pubblicazione del suo più recente album “Metamorphosis“ realizzato con la Underworld Orchestra.
“ Era una sfida questa – ci dice in esclusiva – che da tempo accarezzavo poter realizzare. Non è propriamente un concerto classico ma si ispira a artisti quali Narciso Yepes e Ayrio Lima e Villa Lobos. Anche l’idea delle canzoni come più propriamente le concepiamo, passa attraverso l’approccio classico”.
Per Hackett è un ritorno a breve distanza dalla precedente tournée.
“Dopo quello che mi ha dato l’Italia negli anni settanta resto legato da un cordone ombelicale inscindibile. Con i Genesis fu incredibile. Ci esibivamo davanti a novemila persone a Torino e poi ci aspettava una data, che so!, nel NorthUmbria, nel Nord della Gran Bretagna, davanti a trenta persone. In Italia – continua il chitarrista – ho imparato tante cose e ho imparato ad apprezzare il gusto continentale della musica che ho provato a portare sempre con me”.



Ultimamente, con un rinnovato e costante interesse nel gruppo da cui proviene, Hackett si è trovato di nuovo nell’occhio dell’interesse più vasto, un ritorno alle masse?
“Non saprei – risponde, pensandoci su – il pubblico è cresciuto con me e mi sento più sicuro rischiando soluzioni musicali più ardite”.
Interessante la posizione di Steve Hackett su quei gruppi che ripropongono la musica dei “suoi” Genesis.
“ Quando la musica viene pubblicata appartiene a tutti e l’operazione filologica può solo aiutare nuove generazioni a toccare con mano un piccolo momento della storia della musica. Anche Disney world e gli Universal Studios sono concepiti così. Perchè no, dopotutto?“.
Qundi, mr. Hackett, nessun rimpianto?
“Davvero no – termina il chitarrista – sono troppo occupato con le nuove composizioni!”

Ernesto de Pascale