The return of the father of bew generation of jump blues swingers. From the vaults come the unique sound of an unmatched band from the late seventies. It's a real treat!!!
Annunciato da tempo, ecco arrivare in anteprima il doppio Cd segnato a Hollywood Blue Flames/Hollwood Fats Band, dal titolo “Road to rio/Larger than life”, prodotto dalla Delta Groove, con il numero di catalogo DGPCD 107. Per gli appassionati del genere si tratta di un piccolo evento. Tornare sulla basilare band californiana, ci pare l’occasione giusta, per ricordare, come nella storia della musica, ci siano dischi che, lentamente con il passare degli anni, acquistano un valore sempre più grande. Questo, è quello, che più o meno è successo a questa formazione che, nel 1979 si presentò quasi per scommessa nello studio di Ted Brinson. Un disco d’esordio pubblicato quasi in sordina, confuso nell’arrembante mondo del pop e della disco. Il blues, stava vivendo una delle sue crisi cicliche, dovuta in parte ad una atrofizzazione che attanagliava formalmente il canovaccio ritmico ormai consumato del rock-blues. Il vinile, pubblicato in tiratura limitata, (per i collezionisti ricordo che le prime mille copie furono pressate in vinile blue e contenevano il famoso comic book) oltre a viaggiare nel circuito locale californiano, fece una breve apparizione nelle liste novità europee dei soliti rivenditori. Anche se appariva un tantino scolastico, il sound era modellato sugli stilemi del R&B anni cinquanta, totalmente imbevuto nello spirito di T-Bone Walker, B.B. King e Pee Wee Crayton. Ma la caratteristica, che distingueva il lavoro da altre asfittiche prove del periodo, era una freschezza interpretativa non comune. A posteriori, fu un vero e proprio spartiacque. La scena californiana fu legittimata in tutto il suo valore. Il nome di Michael “Hollywood Fats” Mann diventò leggendario già prima della sua prematura scomparsa. Il musicista e produttore Randy Chortkoff, non ha mai nascosto l’importanza e l’amore per la musica del grande chitarrista e così, a distanza di anni, ci regala qualcosa di imperdibile. Per dovere di cronaca, iniziamo dal secondo Cd che, riporta per così dire la parte storica. Sono incisioni d’annata, recuperate grazie alla passione di ascoltatori e musicisti. Alcune di queste, si erano affacciate timidamente in qualche raro bootleg, ma qui si ha la possibilità di apprezzarle maggiormente ripulite e corredate di note che indicano i partecipanti alle session. L’apertura, viene affidata ad un sparato strumentale, ribattezzato “ Fats fries one”. In “Nasty boogie woogie,” con il piano di Fred Kaplan in evidenza, figura il raro debutto vocale di Fats in versione colloquiale. In sequenza sfilano “Baby let’s play house”, recuperata dal patrimonio di Arthur Gunter e “Side tracked” tributo mozzafiato dedicato a Freddy King, registrato in presa diretta al Belly Up tavern con il basso elettrico di Jerry Smith proveniente dai Bacon Fat di Rod Piazza e George Harmonica Smith. Con “Kidney stew blues” e “Cleanhead blues”, fa capolino il primo grande ospite, che risponde al nome di Eddie “Cleanhead” Vinson. Il sassofonista, in stato di grazia, viene immortalato nel 1979, durante un’esibizione al prestigioso Monteray jazz festival. Per “Shake, rattle and roll”, “Rockinitis” e “This little voice,” le redini, tornano saldamente nelle mani del cantante armonicista, Al Blake. In “Love for sale” e “Boogie woogie blues”, appare il vecchio leone Roy Brown con due superlative prove vocali. “Model time” chiude il lotto dei pezzi consegnando alla storia uno dei musicisti più influenti della scena blues contemporanea. Di conseguenza, approdiamo al primo disco segnato a nome Hollywood Blue Flames. Sotto questo nome, si accomunano il resto dei compagni di ventura componenti la formazione originale. Personaggi non meno importanti, con un pedigree da far paura. Al Blake, si conferma strumentista dalla classe innata, finalizzatore delle scelte musicali del combo. La sezione ritmica nelle mani di Richard Innes e del bassista Larry Taylor è indubbiamente quanto di meglio si possa trovare in circolazione. Il lavoro di cesello è affidato al piano di Fred Kaplan che fornisce un fondamentale contributo a tutta l’economia sonora. Alla sei corde l’erede designato è il giovane Kirk Fletcher che, scusate se è poco, da circa due anni siede pure alla corte Fabulous Thunderbirds. I pezzi, questa volta sono quindici, nati del solco della tradizione più rispettosa. Se mi passate il termine qui siamo difronte a dei veri e propri nuovi tradizionalisti che in barba alle tendenze più innovative ripercorrono un percorso a ritroso sia nella scrittura che nella riproposizione. La voce nasale di Al Blake, evoca vecchi affreschi musicali, provenienti dall’atmosfera fumosa di affollati locali rigorosamente anni cinquanta . Ai pezzi firmati coralmente si aggiungono un paio di camei presi in prestito dal repertorio di Willie Dixon, “Let me love you” e Sunnyland Slim ,“Honeydripper”. Ospiti di lusso, ma soprattutto amici di viaggio, l’armonicista Kim Wilson presente nell’ acustica “Gone away” e il maestro riconosciuto Junior Watson, all’opera nelle tre bonus tracks. Una spanna su tutti. Classe dispensata a piene mani. Sono i miei eroi. Non potrebbe essere altrimenti.
Fabrizio Berti
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