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Emanuele Becheri, John Duncan, Nobuko Tsuchiya
Dialogo I
Emanuele Becheri, John Duncan, Nobuko Tsuchiya
Galleria Enrico Fornello
Via Paolini, 27
59100 Prato; tel 0574 462719; fax 0574 471869
fino al 17 giugno 2006
Impostata come un gioco di sottili relazioni fra differenti autori molto diversi per nazionalità, età e linguaggio espressivo adottato Dialogo I (mostra curata da Simone Menegoi) è un’esposizione per palati fini. Non aspettatevi clamori e facili emozioni, qui non siamo dentro al luccichio dell’arte pop e non troverete facili rimandi alla sfera televisiva onnipotente (purtroppo) anche dentro i cervelli di molti (troppi) artisti contemporanei.
Preparatevi: in questa occasione dovrete affinare al massimo la vista, l’udito e il tatto. Sarà un viaggio tra i più ricchi di soddisfazioni se, passeggiando con calma dentro lo spazio modernissimo della galleria Fornello, saprete esercitare la sublime arte della curiosità.
Emanuele Becheri (classe1973,vive e lavora a Prato) produce disegni semplici e affascinanti, nero su bianco, essenziali ma caldi e ricchi di suggestione. La sua tecnica di esecuzione si nutre anche di imprevedibilità : le sue opere nascono infatti dentro l’oscurità totale. Al buio, Becheri agita una punta acuminata su fogli di carta carbone che ricoprono carte diverse e così ottiene una specie di traccia minimale, filamenti che sono al tempo stesso la negazione e il trionfo del disegno, in equilibrio tra controllo e libero istinto. Potete interpretarli come piccoli paesaggi astratti, flussi di energia, gli unici preziosi documenti di una esperienza avvenuta e dissolta.
John Duncan (americano, nato nel 1953, attualmente vive e lavora a Bologna) è sound-artist e videomaker. Le sue prime esperienze artistiche risalgono al clima sovversivo e innovatore che si respirava a Los Angeles alla fine degli anni settanta. Legato da rapporti di amicizia e collaborazione a personaggi inventivi e inquietanti come Paul McCarthy e Mike Kelley, Duncan lavora sull’intreccio di poesia, video e immagine fotografica, producendo un labirinto dei linguaggi aperto a molte libere interpretazioni. Qui trovate una raffinata installazione video e un grande libro-opera dal fascino perverso, realizzato su enigmatiche pagine nere che potrete sfogliare dopo avere indossato appositi guanti protettivi.
Nobuko Tsuchiya (giovane artista giapponese, ha studiato a Firenze ma da anni vive e lavora a Londra) crea sculture installazioni utilizzando materiali di solito non riservati all’arte: utensili per lavori domestici, strumenti medici, parti di mobili, garze, oggetti di scarto consunti dal tempo. Montando tutti questi materiali mediante resine e cavi metallici, costruisce originali non oggetti che lasciano stupito l’osservatore in quanto imitano la realtà senza però mai duplicarla. In queste fantasiose opere colpisce l’impronta radicale, la mancanza di compromessi, il coraggio espressivo.
Non si trova in queste installazioni della Tsuchiya nessuna concessione al facile gusto del pubblico (e questo mi pare un grande pregio). L’accuratezza con cui i diversi materiali sono assemblati, la forza del gesto utopico e l’impronta personale che abita al fondo di questi lavori non possono lasciare indifferente un attento osservatore.
Una mostra tutta all’insegna della ricerca individuale, tutta inclinata sul versante della qualità e della lenta riflessione. In questa occasione l’arte contemporanea è ancora un’avventura che comporta dei rischi. Qualcosa di profondo che può turbare. E il mercato non è il sovrano assoluto.
Stefano Loria
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