C’è un nuovo nome da aggiungere alla vostra lista di cantori della grande provincia Americana: Sam Baker.
Baker è uno di quei profondi narratori che l’America ogni tanto sa donarci, un cantore delle piccole cose, un poeta del particolare.
E “Mercy”, suo disco d’esordio a 50 anni di età, è lo specchio fedele di questa attitudine: ballate profonde e sospese che sembrano cristallizzare il tempo e la memoria per pochi, lunghi attimi.
Texano, Baker arriva adesso al suo disco d’esordio dopo averlo inseguito a lungo e soprattutto dopo essere scampato alla morte durante un attentato ad un treno in Perù, sul quale viaggiava e che quindi lo vide coinvolto.
E forse “Mercy” è il frutto più vero e diretto di questa esperienza, un disco difficile ed intenso che scava a fondo nella vite e nelle anime delle persone comuni:la straordinarietà dell’ordinarietà, si direbbe.
“Waves”, “Baseball”, “Truale” e la splendida “Steel” sono storie che Baker canta, anzi narra, con quella sua voce aspra, nasale, quasi dylaniana.
E a ciò si affiancano le tenui partiture di archi che Tim Lorsch, uno dei più quotati session man di Nashville e dintorni, ha cucito addosso a questi splendidi bozzetti sonori.
Jessi Colter, Kevin Welch e Walt Wilkins sono altri tre nomi che hanno donato il proprio contribuito a questo disco che è una piccola opera di artigianato musicale, un piccolo film in bianco e nero che passa in televisione a tarda notte.
O forse un nuovo capitolo nel Grande Romanzo Americano.
Massimiliano Larocca
|
|