A great new discovery from Chicago’s Thrill Jockey
C’è un disco che corre sul filo di una importante tensione emotiva e non cede alle tentazioni né all’autocompiacimento. E’ l’album d’esordio della band americana Arboretum, un duo rock chicagoano - David Heumann e Walker David Teret, entrambi chitarristi,il primo anche cantante, il secondo anche bassista, anche polistrumentisti, accompagnati nel disco da due differenti ritmiche - esordienti dai toni dark miscelati a varie fascinazioni, tutte accreditate..
Nei 48 minuti di “ Rites of Uncovering “ passano in rassegna molte sonorità riconoscibili: da quelle cupe alla Soundgarden (“Signposts and Instruments”), a quelle chimiche dei primi Gov’t Mule (“Pale Rider Blues”), da quelle più prettamente psichedeliche che rimandano ai Grateful Dead di “Dark Star” (“Sleep of Shiloam“), fino a un chitarrismo che tocca il folk rock e che rimanda per liquidità al miglior Richard Thompson (“Tonight a Jewel”, “Muhammed’s Hex and Bounty”) per approdare a una ricerca sonora decisamente più estrema ed apocalittica che riporta ai King Crimson della seconda facciata di “Island” (“The Rise“ un lungo a brano con velleità libere da metal prog e la struttura di una minisuite).
Heumann e Walker restano però estremamente originali, al di là dei tentativi del recensore di circoscriverli; Heumann ha una voce profonda e marcia che fuga ogni inganno sulla veridicità dell’offerta e che si impenna su certi tonici epici rendendo l’album d’esordio del duo estremamente autorevole, mentre Teret paga omaggio a grandi bassisti: l’ombra del Peter Hook dei Joy Division, di Phil Lesh del grande Mark Sandman dei Morphine aleggia senza che Teret li copi mai palesemente ma tentando piuttosto di abbinare approcci altrui, di per se originali, dentro il suo stile.
Mixa “Rites of Uncovering” John McEntire dei The Sea & Cake che si deve essere divertito moltissimo nel lavoro poiché il profilo sonoro finale è bellissimo e di grande profondità e spazialità. Un ottimo esordio.
Ernesto de Pascale
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