Intense and deep, this record will satisfy your soul
Nella prima metà dei novanta per una breve ma intensa stagione Grant Philips interpretò i sogni di quei rocker ai quali stava stretto una condizione di dipendenza da un mercato che tirava da più lati, dimenticandosi di riconoscere il senso di tanta vera musica che sbocciava ai bordi di esso. Una major, la Polygram soccorse la band, esportandola dalla west coast all’Europa creando una bolla d’affetto interno al trio di Grant ma i numeri non resero perseguibile l’avventura e, come in molti altri casi analoghi, la band si sciolse.
Grant Lee Philips è però un tipo che non si arrende ed è andato avanti attraverso cinque album da solista perché quei fans, una volta conquistati dalla sua languida musicalità un po’ decadente, un po’ perversa, non lo hanno mai lasciato.
In”Stranglets” l’artista firma alcune delle sue migliori canzoni : “Fountain of Youth” caratterizzata dall’ukulele di Peter Buck dei R.E.M inconfondibile, “ Dream in Color”, operina pop con archi beatleasiani ( una delle migliori costanti dell’intero disco ), la successiva “Chain Lighting” inno glam dalla coda epica e “Raise The Spirit “ sfacciatamente bolaniana. Un paio di straordinarie ballate - “Same blue devils” guidata dall’acustica e dal piano wurlitzer che strizza l’occhio al nuovo cantautorato britannico e la successiva “ Killing a deadman” desolato esempio shuffle di sushine pop moderno.
Philips nelle note allegate al disco afferma che “Stranglets” è “ uno strano disco per tempi strani “ ma la stranezza di cui parla si tramuta subito in qualcosa di arcano e gigante ( sarà per il batterismo di Bill Rieflin ex Ministry ? ) che amplifica l’effetto generale dell’ascolto senza scalfire la sinuosità melliflua della proposta.
Ascoltare tutto ad occhi chiusi e tenersi stretto questo ottimo disco, e farsi trascinare senza freni nel mondo di “gruppi di volatile sostanza subatomica” che ci circondano. Questo l’esatto significato della parola “Stranglets”.
Ernesto de Pascale
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