Difficult sixth album for one of the bravest and most skillfull american female songwriter. No comparison to anybody, just get tris record and dive deep into It. You won’t be disappointed!
Sembra la versione in gonnella di Elvis Costello, Laura Veirs, già sei album dietro le spalle, la vita a macinar chilometri nei pulmini, dischi con titoli che sono lezioni di storia (“years of meteors”, “Carbon Glacier” ed adesso “Saltbreakers”) e un recente contratto con la Nonesuch, marchio “intelligente” della Warner, grazie a una connection con Bill Frisell, per anni suo vicino di casa a Seattle
L’avventura della Veirs viene così a galla, dopo aver gravitato per sei anni in casa Bella Union, la rampante etichetta inglese guidata da Simon Raymonde, ex Cocteau Twins, in un sottobosco accreditato e ricco di soddisfazioni ma i cui numeri - si sa - sono esigui.
Spiegare Laura Veirs con un cognome che pare uscito da Twin Peaks non è cosa facile e lo sticker sul disco che cita Joni Mitchell, Kate Bus e Bjork manda davvero fuori strada.
A 33 anni, la figlia di un geologo e di un biologo marino la cui idea della vacanza perfetta era campeggiare nel perduto ovest, dimostra spessore e piace l’attenzione dei testi e del rigore rappresentativo come nell’iniziale “Pink Light”, sorretti da una forte capacità melodica che allontana lo spettro della monotonia. “Saltbreakers” è infatti un disco arrangiato con gusto e stile, senza strafare, un mix elettracustico che niente ha a che fare con il tono da bambina saccente che la Veirs pare avere in foto. “Saltbreakers” è un disco da ascoltare tutto quantomeno per imbattersi nella radiofonica “Wondering kind“ dall‘incedere sicuro e dai contrappunti non scontati e “In The Country“, registrata a Nashville nel minuscolo studio rurale di proprietà di Johnny e June Cash, in cui svetta il Cedar Hill Gospel Choir e che potrebbe essere uscita dall‘ultimo disco di Howie Gelb, “‘snow Angel“.
Laura Veirs vive oggi la grande occasione e vale la pena ascoltarla, “Saltbreakers” potrà suonare un po’ ostico a quanti sono abituati alla solita proposta indie. Qui siamo davanti a un disco maturo ed autorevole. Entrando però nel mondo di Laura sarà difficile non restare affascinati dal suo talento e dalla sua arte sinuosa e accattivante. Produce Tucker Martine, già produttore del disco di Jesse Sykes.
Ernesto de Pascale
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