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S.O.S. Ambiente, presagi apocalittici e appelli inascoltati.
Ma il mondo della musica ci aveva avvertito. 
Sarà stato l’Autunno troppo caldo, sarà stato l’Inverno che non si è fatto vedere, sarà la Primavera surriscaldata, saranno anche le stagioni che dopo le mezze stagioni tendono all’estinzione, e stavolta non solo nei discorsi ferroviari, ma in questo 2007, come mai fino ad ora, si è parlato costantemente di ambiente. In toni ben poco idilliaci a dire il vero; effetto serra, riscaldamento globale, uragani, ghiacciai che si sciolgono. Danni; danni su danni, danni per l’agricoltura, per l’allevamento, per il commercio, per il turismo, per la salute. Leggi; zero. Senza contare chi sconsolato ammette che 50 anni fa si dicevano le stesse cose, un po’ come 40, 30, 20, 10 in un rapido conto alla rovescia che porta ad oggi, al 2007, l’anno della rivelazione. Nell’inerzia delle istituzioni globali. Tra i presagi apocalittici di chi dice che, tra mezzo secolo, non ci dovremo più scomodare a cercare Atlantide perché potremo fare interessanti ricerche subacque a Venezia e tra chi, cogliendo l’attimo, tutto sommato si gode l’abbronzatura anticipata.
Nel quadro generale però il mondo della cultura in qualche modo si è mosso: Una Scomoda Verità, documentario ambientalista dell’ex vicepresidente americano Al Gore, è stato probabilmente il caso cinematografico dell’anno, si è portato a casa due Oscar, e ha sottolineato al grande pubblico che il riscaldamento globale non è più un tema noioso per qualche Cassandra del 21° secolo.
Senza entrare nel merito del documentario può essere utile sottolineare come un Oscar sia andato a Melissa Etheridge per la miglior canzone originale I Need To Wake Up, segno che il link tra denuncia dei problemi globali e cantautori è ancora oggi ben saldo.
Sempre per iniziativa di Gore il mondo della musica si mobiliterà il 7 luglio per il Live Earth, imponente concerto per la sensibilizzazione ambientale, che come la stella polare di questi eventi, il Live Aid, si svolgerà simultaneamente su più palchi. Annunciata per il momento la presenza di Madonna, dei Red Hot Chili Peppers, ma anche, per la gioia dei fan, dei Genesis. Prezzi a dire il vero sovrabbondanti, la speranza è che l’incasso sia utilizzato per curare, in qualche modo, i mali ambientali del pianeta.
Come già detto, però la musica è sempre stata legata alle tematiche ambientali. Fin dalle prime canzoni di protesta, negli anni ‘60. Allora il tema dell’ambiente era strettamente legato a quello della pace nel mondo, un prato fiorito era pur sempre meglio di un campo minato, in ogni modo si avvertivano già le insidie che l’inquinamento comportava.
La madre delle canzoni apocalittiche è senz’altro A Hard Rain’s A-Gonna Fall e del resto, when we talk about everything, Robert Zimmerman in arte Bob Dylan, è sempre presente con il suo sconfinato repertorio. Chi sa che alla fine davvero un nuovo diluvio, o forse una pioggia acida, spazzi via l’umanità che ha reso tristi le 7 foreste, che ha ucciso una dozzina di oceani o ha sommerso d’acqua una scala ( ricordate Venezia tra 50 anni?).

Bob Dylan comunque è in buona compagnia, Pete Seeger, il nonno di generazioni di folksinger, è sempre stato un attivo ecologista, fondando nel 1966 il Clearwater Group, contro l’inquinamento del fiume Hudson. La limpidezza dell’acqua è sempre stato un tema caldo del dibattito ambientalista, anche i Beach Boys ne parlavano nell’album Surf’s Up, certo fare surf nell’acqua sporca non era il sogno dei giovani californiani, ma forse in Don't Go Near the Water, Brian Wilson e soci intendevano sensibilizzare un maggior numero di persone. Dall’altra parte dell’oceano, stavolta per la protezione degli animali, anche i 4 di Liverpool avevano detto la loro con Piggies, attacco sarcastico alla media borghesia. I maiali, nel White Album, erano quelli con le T-Shirt, che con forchetta e coltello mangiavano felici il loro bacon.
Già questi 4 protagonisti degli anni ’60 fanno capire come la musica fosse impegnata a lanciare grida, spesso inascoltate, per il rispetto della natura.
Ma la lista degli ambientalisti si spreca; da Crosby, Stills, Nash & Young (Clear Blue Skies, il titolo dice tutto), agli Yardbirds (Shapes of Things, per salvare gli alberi e i prati in fiore). Persino Michael Jackson con ritmi totalmente diversi ha detto la sua (Earth Song), sempre sui fiori spazzati via dai campi.
Oggi la sensibilizzazione ecologica, almeno in superficie, tocca più persone, il mondo della musica non l’ha certo dimenticata. Negli anni scorsi, quando non si parlava di Live Earth, erano gli artisti legati ai movimenti no-global a rinnovare gli appelli per una terra più pulita, Manu Chao, ma anche, qui in Italia, Jovanotti.
La musica popolare, nel senso ampio del termine, accompagna come sempre ogni tema di importanza sociale. Ora che quasi tutti sembrano essersi accorti della gravità della situazione, è senz’altro un riferimento ancora più forte.
Matteo Vannacci
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