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INTERVIEW
Intervista con Bobby Whitlock
Vite da RockStar predestinate. Potrebbe essere questo il titolo dell’incontro di questo cronista con Bobby Whitlock, chitarrista e tastierista di Derek & the Dominoes, coautore di alcuni classici di Eric Clapton come Tell The Truth,vive in disparte dallo starsystem, a Austin in Texas, con la compagna CoCo Carmel, cantante e futura star mi dirà nel corso dell’intervista.
Il nome di Whitlock era venuto alla mente con la triste scomparsa di Delaney - fu il primo vero friend della coppia Delaney & Bonnie - e dal quel momento una sorta di ossessione giornalistica per il ripescaggio ha animato questo autore. La vera paura di chi scrive era arrivare troppo tardi: Bobby è stato insider dei ricchi e dei potenti, del gotha del rock,è cresciuto nello star system, è caduto in basso, è scomparso, riapparso, svenuto e sopravvissuto: born again christian, re born to be wild, miliardario che vive all’ombra dei suoi sacrosanti diritti d’autore, uomo giusto al momento giusto, testimone oculare di alcuni dei più magici momenti della storia del rock, si pensi solo alla session di Layla con Duane Allman a duettare con Slowhand e Jim Gordon seduto al piano a scrivere la straordinaria melodia della seconda parte del pezzo, Whitlock è, insomma, un artefice originario del rock americano dei primi settanta, fino al suo forzato ritiro.
In questa intervista, che il sapore di una confessione, il sessantenne artista di Memphis di si mette a nudo offrendo di sé molte luci e qualche ombra, l’alone melanconico di una stagione ruggente che non tornerà mai più.
“Sono stato il primo artista che firmò per la sussidiaria della Stax, Hip record, e la prima session a cui partecipai fu “Thank you“ di Sam & Dave, battevo le mani insieme a Isaac Hayes e David Porter, due maestri. Ecco come Bobby Whitlock ha cominciato - mi dice allegro - Sono quindi cresciuto fin da subito a contatto del “Big time”, suonavo nei club già a 14 anni, nell’Arkansas e poi nel mio stato, il Tennesse suonavo la chitarra piuttosto bene. Mi trovai così nello star system fin da giovane. Una sera Delaney mi vide suonare e mi portò a Los Angeles con lui. Avevo solo 21 anni”.
E aggiunge “Tu adesso mi stai ricordando il grande Delaney, era una brava persona, complicata ma molto appassionata. Ti spiego come andarono le cose: tutto cominciò a LA in tre: Delaney, Bonnie ed io e un paio di chitarre acustiche. Restammo letteralmente a bocca aperta”.
Accalappiato da Eric Clapton durante le registrazioni del primo album solista di Eric, Whitlock diventa una specie di braccio destro del chitarrista inglese con il quale si confronta musicalmente alla pari. La nascita di Derek & The Dominoes ha a che fare con il talento di Bobby quanto ne ha con quello di Eric. Da quel momento è tutto un susseguirsi di eventi.
“George Harrison chiamò Eric mentre ero con lui e mi chiese di collaborare al suo nuovo disco, - il futuro All Things Must Pass - una cosa molto naturale. Ricordo che eravamo nel bel mezzo di Tell The Truth e Roll It Over quando interrompemmo la session per parlare di questa opportunità. E riguardo a All Things Must Pass voglio solo confessarti una cosa, Ernesto. Un giorno Phil Spector mi prese da una parte e mi disse: “senza di te questo album sarebbe totalmente insipido.E mi abbracciò, e abbracciandomi, sentii una colt sotto la sua giacca …”. poi uscimmo in strada e portammo dentro tutti gli Hare Krishna che incontrammo per una grande festa in studio con petali di rose e dolci.
Unitosi agli Stones per le session francesi di Exile On Main Street, al suo ritorno in America, Bobby Whitlock non ebbe problemi a trovare un contratto come solista.
“Dopo Derek and The Dominoes firmare un contratto discografico non fu difficile e nel mio primo album mi vennero a trovare un po’ tutti gli amici”.
I suoi album sono ancora oggi pieni di musicalità e ardore sudista : Bobby Whitlock, Raw Velvet (con l’ultima registrazione di un non accreditato per motivi contrattuali Duane Allman alla slide nel brano “Dearest I Wonder”), One of the Kind e il conclusivo Rock Your Socks Off del 1976, sono secondo l’artista “ audio documentari delle mie abilità tecniche e compositive, esperienze di crescita, ero ancora molto giovane dopo tutto. Certo, se li ascolto adesso e li paragono al nuovo ultimo album realizzato con mia moglie CoCo Carmel, Lovers, quelli sono dischi piuttosto naif. Lovers - ci dice - realizzato con gli amici di oggi come Willie Nelson, contiene la mia attuale visione della vita” e aggiunge “andatevi ad ascoltare la nuova versione di Layla che ho inciso nel disco e vi farete una idea!”.
Alla fine del 1975 con quattro album sulle spalle come solista, Whitlock decide improvvisamente di lasciarsi tutto dietro le spalle e partire.
“Avevo figli piccoli, non potevo vivere la rock & roll life e dedicarmi a loro. Così abbandonai tutto e tutti e andai a vivere in Irlanda,il posto più remoto possibile che conoscevo, dagli Stati Uniti. D’altronde quella che stavo facendo non era esattamente la vita che avevo programmato o solo sognato da ragazzo, mi ritrovavo con due bambini senza aver pianificato la mia vita adulta da “padre”. Dovevo chiudere qualche porta dietro di me. Adesso sono grandi e io sono tornato a essere quello che ho sempre conosciuto di me, Bobby Whitlock, The Rockstar!”
A questo punto, a metà strada fra rimorsi e rimpianti, parto all’attacco e cerco di capire se si sia pentito o meno di quella decisione.
“Non mi sento vecchio, niente nella mia attitudine è infatti cambiata, solo le date sul calendario. Ecco perché presi quella che per qualcuno fu una decisione errata. Quando faccio qualcosa la faccio al cento per cento: cento per cento rock star ed artista, cento per cento padre. Adesso sono tornato alla mia carriera artistica e sono felice, mi sento a mio agio, ho scoperto di aver lasciato un ottima legacy dietro di me. Penso inoltre di essere una bandiera per la musica, di esprimermi bene attraverso le canzoni, loro parlano molto meglio di me. Questo è potuto accadere perché i mie rapporti sono sempre stati diretti,,amichevoli, da persona a persona; le canzoni che ho firmato e dato ad altri le ho insegnate io steso a chi le ha poi suonate, hanno il mio marchio di fabbrica. Nessun editore ha mai fatto nulla per me se non portarmi via una fetta e questo mi ha portato molto presto ad organizzarmi in prima persona e a gestirmi bene“.
Una vita insomma da rockstar in ritiro?
“Qui a Austin documento la mia vita con CoCo attraverso le canzoni. Siamo passati attraverso tanti alti e bassi ma abbiamo deciso deliberatamente di documentare tutto, una specie di medicina che ci ha guarito in tanti momenti difficili. Infatti penso che la vita sia tutto questo, qualsiasi cosa tu faccia e tu sia. CoCo ed io abbiamo ricominciato insieme, nel 2000. Ci siamo liberati del passato e ricominciato da capo. E tutto è scritto in Lovers. È stato un viaggio impegnativo perché ci siamo dovuti “spogliare” di qualsiasi costrizione…”.
E prosegue “ Ora prendiamo la vita come viene, con mille cose, con tante idee e la voglia di venire in Europa a incontrare le persone che ci vogliono bene che ci scrivono tutti i giorni chiedendomi di tornare“.
Intanto si fanno progetti per il futuro imminente: “Ho contato 423 storie da raccontare e le ho numerate e saranno raccolte in un libro che sto per pubblicare, si chiamerà "Domino". Marc Roberty è l‘editore- chi ha letto le bio su Eric Clapton sicuramente sa chi è - ha pubblicato ben 13 libro su Slowhand. Nel libro scoprirete un lato di Eric Clapton che nessuno conosce”
Poi continua con tono soddisfatto : “ Adesso stiamo trattando per il 40ennale di Layla e ci sarà in concomitanza di questa pubblicazione una retrospettiva discografica dedicata a me, che comprenderà molte cose inedite e tante sorprese.”.
Mentre andiamo a chiudere La conversazione io provo ancora a farlo ricardare, a guardarsi indietro: ”Penso che si abbia indietro dalla vita ciò che si dà alla vita mi dice - e che la verità sul valore del mio lavoro verrà fuori decisamente in questa occasione…”
Rimpianti, gli chiedo ?
“Neanche uno, ho vissuto e questa è la cosa più importante. Amo ciò che sono e cosa sono diventato, dove sono nella vita e chi sono e ciò che sto facendo. C’è voluta tutta la vita per capirlo ma desso mi sento realizzato. E’ un dono divino. Vorrei espressamente ringraziare tutti coloro i quali sono riuscito ad emozionare con le mie canzoni e chiedere loro di pregare il Signore“.
Ernesto de Pascale
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