. | INTERVIEW Dieci esercizi per volare… sulle ali della poesia Intervista a Michele Gazich
La pubblicazione del secondo album de La Nave dei Folli è l’occasione per intervistare Michele Gazich, con il quale abbiamo discusso della genesi di questo nuovo lavoro e delle varie ispirazioni e da ultimo, anche di interessanti progetti per il futuro
PB - Sono passati quasi due anni dal primo disco con La Nave dei Folli, ci racconti il percorso che ti ha condotto a Dieci Esercizi Per Volare? MG - Abbiamo fatto parecchi concerti in Italia ed Europa. Ciò ha fatto sì che sia nato un disco più colorato, in cui c'è il suono di una band. Mi sono sentito confortato dal fatto che tanti si siano riconosciuti nella mia voce poetica e musicale e ho desiderato mettere tutto ancora più a fuoco. Ho continuato a scrivere canzoni, senza soluzione di continuità, quando ho concluso il primo CD. C'era un'urgenza di scrittura che non sono riuscito a contrastare. Le canzoni che sono nate sono state subito diverse dalla prima fase: melodicamente più immediate e molto legate una all'altra a livello tematico.
PB - In particolare dal punto di vista sonoro cosa è cambiato? Dall’ascolto si comprende chiaramente un approccio diverso, meno minimalista… MG Ho desiderato produrre un album che riepilogasse ed estremizzasse in un certo senso le sfaccettature del mio fare musica. Per cui puoi trovare un brano come "L'Angelo ucciso" per soli archi e chitarra classica e un brano acido come "Hai mai sentito ardere il tuo cuore?", in cui il violino urla supportato dalla chitarra elettrica... Inoltre ho trovato un ambiente estremamente solidale e partecipe nello studio di registrazione MacWave di Brescia. Il tecnico del suono Paolo Costola, che unisce anni di studio in America ad una sensibilità squisitamente europea, mi ha permesso di muovermi in diverse direzioni. Colgo l'occasione per segnalare che è Paolo al mandolino in due importanti canzoni del nuovo album.
PB - Quanto sono stati importanti i nuovi innesti nella band? In particolare del nuovo chitarrista, un vero valore aggiunto.. MG Marco Lamberti, il chitarrista ci ha seguiti da subito, a partire dal tour 2009. Quando lo presento, in concerto, lo chiamo "Il Maestro dell'anima, in quanto la dolcezza e la veemenza del suo suono hanno veramente un qualcosa che conduce in un'altra dimensione. In realtà, nell'album Dieci Esercizi per Volare, l'unico musicista nuovo è lui. Ma nuovo è l'approccio sonoro in generale. Ho anche estremizzato l'uso del violino, come dicevo, dal classico al punk! Fondamentale resta il bassista Fabrizio Carletto, il cui suono è prodotto di una ricca e curiosa cultura musicale e di un background di vero folk, forgiato sulle curente e i balet delle vallate del basso Piemonte, verso la Francia. Luciana Vaona, poi, ha cantato e narrato le mie canzoni con molto gusto.
PB - Nel disco hai usato il piano wurlitzer uno strumento che mi rimanda direttamente a On The Beach di Neil Young, c’è una motivazione particolare per questa scelta a parte quella del gusto sonoro in fase di arrangiamento? MG Ho usato il wurlitzer electric piano in due canzoni. Ne "L'Angelo ubriaco" lo suona Beppe Donadio: volevo, in questo caso, che il suono leggero e frizzante del wurlitzer trattato in maniera virtuisistica contrastasse con il testo invece forte ed espressionista, in cui l'Angelo ubriaco implora: "Insegnami e capire il dolore". Ne "L'Angelo di Saorge" lo suono io, in maniera molto più semplice. In questo caso, l'allusione a "See the sky about to rain", meravigliosa canzone di On the beach è proprio azzeccata. Il suono del wurlitzer crea, in quest'altro caso, un'aura quasi magica, ricca di aspettative e di presagi, in cui il soprannaturale, il mistero sta per irrompere.
PB - Dieci Esercizi Per Volare è il secondo disco di una trilogia, come si svilupperà nel seguito? Di solito il secondo album di una trilogia è sempre quello fondamentale, cioè è la chiave di volta… ci puoi parlare del disco in questo senso? MG Come ti dicevo, Dieci Esercizi per Volare mostra tutta la mia tavolozza sonora. E' l'azzurro aperto del cielo, fa vedere un po' tutto quello che so fare a livello di scrittura e di produzione. Nasce dalla percezione gioiosa di poter davvero fare un altro disco dopo il primo. Contiene brani come la title track, che sono il mio breviario esistenziale in edizione tascabile, dove si parla di rose, di figli, di pozzi, di preghiera, di viaggi, di professori e di follia. Insomma un riassunto di tutte le tematiche a me care. Sì, hai ragione, è una chiave di volta.
PB - Il primo disco de La Nave dei Folli nasceva sulla scia di una certa urgenza creativa, Dieci Esercizi sebbene abbia avuto una gestazione simile, cioè on the road, sembra più studiato, più meditato… MG In realtà la scrittura è sgorgata in maniera inaspettata e continua, in maniera ancora più fluente e costante che nel primo album. Molto più meditato è stato il lavoro in studio di registrazione: ha impegnato vari mesi, mesi di ricerca, di approfondimento e di gioia di fare musica insieme alla mia band, La Nave dei Folli.
PB- Venendo ai brani ci puoi illustrare la splendida "Canzone della Pietra che Rotola"? MG Da tempo eseguivo in concerto traditionals angloamericani, come la stupenda Jackaroe ed era nato in me il desiderio di produrre un analogo italiano di brani come questo. Da lì l'idea si è evoluta rapidamente. La musica è in qualche modo influenzata dal folk di cui ti parlavo prima, quello a cavallo tra Piemonte e Francia, mentre il testo riporta a casa un'immagine seminale della musica americana: la pietra che rotola, rolling stone. “Rolling stone gathers no moss (pietra che rotola non fa muschio)” era solito dire Joe Hill: autore di canzoni, predicatore, viaggiatore avventuroso su treni merci, ma anche tra i fondatori del sindacalismo americano. “Pietra che rotola non fa muschio”: Joe Hill lasciò scritte queste parole anche nel suo testamento nel 1915, come un invito a non stare fermi, ma ad essere sempre in azione. Da allora l’America, e non solo l’America, è stata percorsa da molte pietre che rotolano, rolling stones, e molte canzoni sono state scritte sulle pietre che rotolano. Ho provato a scriverne una anch’io, riportando ancora una volta tutto a casa, come ti dicevo, anche perché il motto del vecchio Joe Hill era la traduzione di un proverbio latino: saxum volutum non obducitur musco”.
PB - In molti brani fai riferimento agli angeli, hanno una dimensione metaforica nel tuo immaginario letterario? Sono sempre stato affascinato da queste creature intermedie tra i due mondi. Creature spesso terribili e ammonitrici. I miei angeli non sono angeli Liberty con i riccioloni d’oro e i camicioni color pastello; gli Angeli che io ho visto urlavano parole di fuoco e lottavano con gli uomini, come l’Angelo che lottò con Giacobbe. Altre volte, come nel film Il Cielo sopra Berlino di Wenders o nelle Elegie Duinesi di Rilke questi esseri perfetti, queste articolazioni della luce bramano l’imperfezione umana. Vogliono provare sensazioni, diventare esseri finiti, abbandonare l’infinitezza.
PB - Le influenze di cui risente il tuo songwriting sono molteplici, in particolare vedo che spesso fai riferimento al cinema, alla poesia e alla religione… Il mio songwriting è la mia vita, solo che la mia vita non è in rima. Scrivo influenzato da cose che mi interessano e che amo, di cui parlo ogni giorno con chi mi sta attorno. Mi piace che la mia scrittura sia inclusiva, che includa cioè in se tante cose, tanti spunti. Mi piace che la mia scrittura alluda ad altri: se, grazie alle mie esplicite allusioni, qualcuno si guarderà Miracolo a Milano di Vittorio De Sica o leggerà i poeti Ezra Pound o Pier Paolo Pasolini, sarà per me una delle soddisfazioni più grandi.
PB - So che ti è molto cara la Title Track che ne puoi parlare? Ti dicevo prima: è il mio breviario esistenziale. Aggiungerei che ho voluto presentarla con un linguaggio semplice e piano, appunto da filastrocca, perché non volevo che suonasse come un’altisonante lezione, ma piuttosto come un canto alla vita e ai suoi misteri da cantare tutti assieme. E’ un brano dalla metrica serratissima (in questo senso mi ha impegnato parecchio), perché volevo che fosse fluidissimo e memorizzabile.
PB - Quali sono le ispirazioni dietro la bellissima "Angelo di Saorge"? Saorge (Région Provence Alpes Côte d’Azur, Département des Alpes-Maritimes, Francia), è un luogo dove la montagna si scalda all’aria di mare, aria di luce. A Saorge la terra è spalancata, aperta, lucente di visioni. Sono andato tante volte a Saorge, sempre attendendo qualcosa che è giunto l’anno scorso, nel corso di una visita, proprio il lunedì dell’Angelo. Ero seduto, con mio figlio, accanto allo storico lavatoio e mi sono improvvisamente sentito liberato dall’angoscia e ho pensato con serenità al lasciare, al giorno in cui morirò.
PB - Il disco si chiude con un acquerello sonoro "Stella Guarda Stelle", come nasce questo brano? Te lo posso raccontare con precisione: mi trovavo alla stazione di Chivasso, vicino a Torino e, in un bar, un uomo molto ubriaco ed anziano inveiva contro le due solite cose contro cui si accaniscono gli ubriachi: Dio e le donne. Era un’interminabile serie di bestemmie e di insulti. Improvvisamente quest’uomo si ferma, esce dal suo logorroico delirare e dice: “La sera quando torno a casa sono felice quando rivedo il mio cane, Stella. Se la notte è serena, le dico: Stella guarda le stelle!” Mi è rimasta nelle orecchie questa espressione e ci ho costruito attorno la canzone, in memoria di quel momento. La mia Stella, tuttavia, non è un cane…
PB - Quali sono i progetti futuri per la Nave dei Folli? Quando arriverà il terzo volume di questa trilogia? La trilogia dovrebbe concludersi l’anno prossimo. Il prossimo album ne sarà il cuore e sarà rosso come il sangue. Ne ho anticipato un paio di canzoni nel miniCD Collemaggio, che prende il titolo dal monumento-simbolo della città. Il 6 e il 7 aprile 2010, con La Nave dei Folli, a L’Aquila, in occasione dell’anniversario del terremoto, abbiamo suonato tre concerti in un giorno e mezzo gratuitamente e gratuito è stato l’ingresso ai concerti. A L’Aquila tanti sono venuti a prendere, davvero pochi a dare; quasi nessuno ora, un anno dopo il terremoto, quando è scemata l’emotività vuota e teatrale dei media e sono rimasti solo la solitudine e il dolore degli uomini. Vorrei qui segnalare che l’incasso per la vendita del CD Collemaggio (contenente la canzone omonima ed altre due canzoni) sarà interamente dato per un fine molto concreto: il restauro di Santa Maria Degli Angeli, che è una piccola Collemaggio. Il terremoto ha inferto gravi lesioni interne e ne ha danneggiato la facciata medievale e l’antico rosone. Il CD è acquistabile direttamente da Giuseppe Dell’Orso, professore di Liceo a L’Aquila che mi ha aiutato a capire cosa è successo e cosa non è successo nella sua città nell’ultimo anno (+39 331 4209163; orsogi@gmail.com). PB - Quali sono invece i tuoi prossimi progetti, so che hai in programma un disco con Eric Andersen… MG La Nave dei Folli mi richiede lavoro quotidiano, per rispondere all’attenzione crescente che ci circonda. Dall’inizio dell’anno, inoltre, ho lavorato intensamente con Anna Petracca che è già la nuova cantante de La Nave dei Folli nel live dall’inizio dell’anno e anche sul miniCD Collemaggio. E’ stata una svolta importante: Anna dà peso e forza alle mie parole. Tra tutte le mie collaborazioni, ho scelto di mantenere solo quelle veramente feconde sul piano umano ed artistico e con un respiro veramente internazionale. In marzo ho registrato un live con Eric Andersen a Köln, in Germania, che uscirà nel corso dell’anno in vinile e in CD, ma c’è in programma altro lavoro con Eric, in studio. Eric è uno degli originali, uno di quelli che hanno fondato la figura del cantautore (il suo primo album è del 1965!); suonare con lui è per me sempre un grande onore ed un’occasione di studio e di approfondimento. In Luglio uscirà il nuovo album di Mark Olson, nel quale ho suonato e curato la composizione e l’arrangiamento degli archi: lo abbiamo registrato a Portland, Oregon, lo scorso autunno. Quest’estate, inoltre, riprenderò la collaborazione con Michelle Shocked. |
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