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Nicolas Bourriaud: Postproduction. Come l’arte riprogramma il mondo
postmedia books, pp.95, euro 14,50.
Il mondo incantato (ma pieno di insidie) dell’arte contemporanea può oggi confondere le idee a chi si avvicinasse senza le dovute cautele alle opere dei nuovi autori. Questo agile (ma con molte efficaci illustrazioni) libro del critico d’arte francese Nicolas Bourriaud ha il pregio di affrontare quello che forse è il problema più basilare e dirompente dell’arte in corso: la differenza tra due modalità opposte di intendere il valore del fare arte durante gli ultimi decenni.
Da una lato c’è il partito dei fiduciosi – accusati di essere romantici - che concepisce ancora l’opera d’arte come espressione di una interiorità profonda, come materializzazione di un codice morale e di una stratificata e soggettiva visione del mondo.
Dalla parte opposta si collocano i cinici – accusati di essere postmoderni - che interpretano l’attività dell’artista come quella di un pubblicitario di alto rango, un conoscitore molto abile e sofisticato di ogni sottigliezza dell’industria della comunicazione, impegnato a creare non opere immortali e neppure concentrato ad esprimere una visione della realtà squisitamente personale. Qui si tratta di una operazione più semplice (ma non facile) : usare le risorse creative per colpire la fantasia del pubblico con realizzazioni che abbiano la forza di un pugno allo stomaco.
Il testo di Bourriaud analizza quest’ultima modalità, con riferimenti molto appropriati ad artisti notissimi e celebrati dal sistema internazionale (Jeff Koons, Haim Steinbach, John Armleder, Mike Kelley, Bertrand Lavier, Maurizio Cattelan) capaci di incrociare e sovrapporre – spesso con genialità - linguaggi estetici e griglie teoriche di differente provenienza. Il capitolo che chiude il libro, intitolato Come abitare la cultura globale (l’estetica dopo l’mp3), è strepitoso: raccoglie in poche - brillanti e chiare - pagine il senso di un mutamento radicale in corso dagli anni Sessanta fino ad oggi, con l’intelligenza di lasciare però il finale della discussione aperto ad ogni possibile futuro sviluppo.
Stefano Loria
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