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Lampshade: Because Trees Can Fly
(Glitterhouse)
www.lampshade.dk
The Lampshade, is the next big thing of the new north European rock. They learned very well the lesson of Radiohead, Rigur Ros and Bjork, but they made a pretty good album, where can listen a good acoustic melodies broken by great electric guitar where the voice of Rebekkamaria fly away absolutely free.
Che il rock nord europeo sia ormai in ascesa definitiva, è ormai una certezza, come lo è la bontà di queste band che per alcuni anni hanno lavorato un po’ in disparte e ora hanno deciso di calare gli assi. I Lampshade, quartetto danese-svedese, formatosi circa tre anni fa, ne è senza dubbio la dimostrazione. Pur proponendo infatti un rock a cui fanno capo influenza che vanno dai primi Radiohead fino ai quasi conterranei Sigur Ros, passando per Bjork, i Lampshade si sono sono allontanati dagli spettri del revisionismo abbracciando un rock trasversale che tocca tanto la ballata elettrica quanto atmosfere rarefatte ed essenziali come dimostra questo loro album di debutto, Because Trees Can Fly. Dall’ascolto emerge un songwriting di indubbia qualità, nonostante qualche concessione (ma si può parlare per certi versi anche di abuso) a passaggi infantili, e un sound ben delineato nei tratti acustici sempre pronto ad esplodere in fragorosi passaggi elettrici. Ciò che colpisce però è l’uso delle voci che spesso si intrecciano in armonie vocali intensissime, in cui per la maggior parte delle volte è protagonista Rebekkamaria con il bassista Johannes Anderson impegnato spesso ai controcanti. Lungo il corso dei dodici brani, si passa così attraverso i sussurri rock del brano di apertura He Is Right In My Mirage che fa il paio con la successiva Clean, il pop-rock della title-track o ancora le rock ballad, come la riuscitissima Angel In Stockholm tutta giocata in un crescendo emozionante, Whitin Symmetry e Raindrops che sul finale esplode in un sound incandescente dove protagonista è la chitarra di Martin Bennetzen. Un discorso a parte lo meritano As I Left The Room e la lunga The Hug, entrambe pur ispirate dalla lezione dei Sigur Ros, mostrano una discreta capacità inventiva di questo interessante quartetto, soprattutto per quello che concerne le parti strumentali.
Salvatore Esposito
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