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Venite al Beat Cafe di Donovan
Donovan: Beat Cafe
(Appleseed ) APR CD 1081
www.donovan.ie
Hai sempre un po’ di trepidazione quando metti nel lettore il disco recente di una vecchia gloria come Donovan. Hai paura di scoprire i segni inevitabili del tempo, la stanchezza, il ripetersi, oppure, ancora peggio, un insulso strizzare l’occhio alle mode. Niente di tutto questo ascoltando Beat Cafe: Philip Donovan Leitch, classe 1946, ha ancora voglia di raccontare, di raccontarsi, di creare mondi fantastici. L’universo virtuale nel quale ci invita è un luogo che è un po’ un caffè letterario, un folk club del Greenwich, una libreria beat, un cabaret della rive gauche. Nelle note di copertina cita Kerouac, Ginsberg e Borroughs, gli autori che hanno influenzato la sua gioventù bohemienne, e invita i giovani di oggi a crearsi una propria oasi di cultura, meditazione, utopia. I testi sono essenziali, pieni di giochi di parole e di mantra e affiorano i temi di sempre: amore universale e fiori tra i capelli, omaggi al dio dell’universo, ecologia e aspirazione alla pace. Roba vecchia? Nostalgie fricchettone? No di certo, Donovan, con la dolce consapevolezza di sempre, vuole dirci che quella è l’unica strada per provare a dare un minimo di senso ad un mondo impazzito e falso.
Ma Beat Cafe è soprattutto un gioiello dal punto di vista musicale, a volte una sorta di Sunshine Superman o di Mellow Yellow unplugged, altre volte un folk-rock rivitalizzato dallo swing di Django. In brani come Poorman’s Sunshine e The Questions sembra di ascoltare degli immaginari Cream acustici, con fiorite linee di basso nello stile di Jack Bruce, la voce secca e implorante di Glad, i tetracordi discendenti di White Room. Pennellate di vecchia buona psichedelia qui e là con i piatti della batteria al contrario, la voce filtrata dal leslie, interventi graffianti dell’organo hammond, parole bisbigliate e sussurrate, il vibrato inconfondibile di Lalena.
Per Beat Cafe Donovan si avvale di due collaboratori d’eccezione. Uno è il batterista Jim Keltner, collaboratore di Joe Cocker, Eric Clapton, George Harrison, Paul Simon, Ry Cooder, Bob Dylan … basta questo elenco o dobbiamo continuare? Ma soprattutto spicca il contrabbasso di Danny Thompson, colonna dei Pentangle e collaboratore di Donovan da sempre. Come dice il cantautore scozzese, il basso di Thompson sembra voler saltare fuori dalle tracce del CD, elaborando armonie complesse come quelle di Monk e Mingus.
Non manca l’omaggio alla tradizione con The Cuckoo, un classico old-time, mentre il testo di Do Not Go Gentle è ripreso da Dylan Thomas.
Il pubblico italiano potrà recarsi con Donovan al “beatnik cafe, dove le luci sono basse, tra pollastrelle, sassofonisti e suonatori di bongo” ad Aprile. Il tour mondiale di presentazione toccherà sicuramente Torino, Milano, Roma e Firenze. Potete trovare tutte le informazioni sul sito ufficiale www.donovan.ie
Stefano Pogelli
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