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Fuchsia: Fuchsia
(Nightwing)
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Reissue, by italian label Nightwings, of this very rare much sought after only efforts by English sextet Fuchsia, which anticipeted by a full year the mix of prog rock with classical elements as strings which made Electric Light Orchestra famous.
Fuchsia non ebbero vita facile nel loro unico anno d’attività, il 1971. Perché il loro unico album, così sfaccettato se pur spesso naïve passò del tutto inosservato indicava che il mercato con cui doveva confrontarsi era ricco di talenti ancora maggiori.
Il gruppo di Tony Durant, che si è preso a cuore il suo gioiellino incompreso e lo ha rimesso oggi in commercio tramite i tipi della Nighwings di Padova, doveva vedersela con i King Crimson, i Pink Floyd di Atom Earth Mother, i presuntuosissimi Yes, gli appena nati Gentle Giant, i sognanti Caravan, i superbi Van Der Graaf Generator, i più nobili Genesis. La scena inglese però non si fermava lì: anche gruppi dal minor successo come Audience, Gracious, Cressida, gli incredibili Spring, Beggars’ Opera, Catapilla, Egg, Khan e molti altri battevano alle porte dell’industria e salivano e scendevano nell’interesse del pubblico e dei critici secondo le pressioni più o meno decise di giornalisti, discografici non sempre pronti alle novità oppure coraggiosamente rampanti e, in special modo, manager.
Per i Fuchsia, sulla carta, le cose si erano messe bene fin da subito visto l’interesse di Terry King della Crysalis (Jethro Tull). King però fece firmare la band per la sua etichetta più piccola, la Kingdom e non per Chrysalis, mossa che avrebbe dovuto subito far pensare il chitarrista e leader del gruppo. Il potente manager, infatti, parcheggiò il gruppo da una parte quasi fin da subito, per stare appresso ai Tull (come dargli torto visto il momento del gruppo !) e presto, scomparsi dall’orizzonte tournée e promozione, dopo un nuovo demo, i Fuchsia si sciolsero.
Qui finisce per Tony Durant e i Fuchsia, tre musicisti rock e tre ragazze dalla scuola musicale di Exter, la storia e comincia come per molti gruppi di quel periodo la leggenda. Durant avrebbe dovuto attendere qualche decennio (e un paio di seri appassionati di progressive) per vedersi riconosciuta la propria arte.
I Fuchsia, ascoltati oggi (quindi totalmente fuori contesto) non hanno niente di meno di tante altre grandi band del periodo se non che mancano loro i veri, grandi, epici pezzi che fecero la fortuna dei gruppi maggiori sopra citati.
È opinione di molti abbinare infatti il genere inglese di quegli anni al mood sonoro, alla strumentazione ricercata e/o allo scorrere del flusso (lo stesso Durant scrive una forma canzone differente dalla classica AABABC(A)BBstrofa,strofa, ritornello, strofa, ritornello, special o ponte, (strofa), serie di ritornelli finali con tutte le variazioni del caso, naturalmente) mentre, anche per il progressive e ancor di più per quel tipo progressive inglese di quegli anni, furono proprio i brani a fare la differenza. Durant aveva talento ha continuato ad averne, come musicista per pubblicità e documentari ma i brani restano a volte campati in aria, appesi a un sottile filo di continuità. Certo, sono queste considerazioni che lasciano il tempo che trovano e arrivano quasi 35 anni dopo ma servono per fornire a chi legge una visione in più, una interpretazione da un altro punto di vista del perché certi artisti hanno avuto successo ed altri no (botte di culo, sfiga e similia permettendo!).
Ai Fuchsia andò come andò e a molti altri non andò certo meglio. I primi anni settanta furono un periodo di competizione fortissima in Gran Bretagna perché tutto doveva concentrarsi in un solo mercato, non ne esisteva uno alternativo come la rete o come quello più propriamente indipendente o per genere come in America.
Pezzi o non pezzi “shoes and ships “ e “ Nothing song “ sono quelli in cui il gruppo meglio si realizza e che piacerebbero ai Mercury Rev - la buona notizia è che resta però intatta tutta la magia dei Fuchsia, riascoltandoli a così tanti anni di distanza, e chi vorrà immaginarli giovani come nella foto con le loro alterne avventure potrà farlo facilmente. Merito di una ristampa coraggiosa del loro unico album di cui si è accorta anche la rivista inglese Mojo, dimostrazione, se mai ce ne fosse stato bisogno, di quanto affetto l’Italia abbia dimostrato verso la musica britannica di quegli anni allora e di quanto ancora oggi ne continui a dimostrare.
Ernesto de Pascale
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