. Colosseum - FLOG, Firenze 26.02/2006

Colosseum - FLOG, Firenze 26.02/2006


Furono uno dei gruppi più amati dai giovani italiani nei primissimi anni settanta, sciogliendosi troppo presto per passare il testimone a una generazione successiva, i Colosseum 2006, Jon Hiseman alla batteria, Chris Farlowe alla voce, David Greenslade alle tastiere, Clem Clempson alla chitarra, Mark Clarke al basso e Barbara Thompson Hiseman al posto del compianto Dick Heckstall Smith sono una ancora una macchina da guerra. La formazione di “Daughter of time” e del celebre doppio “Live” del 1971, ripropone in concerto quel perfetto mix di blues, classico, jazz e groove sovrastato dalla voce di Farlowe che resta un personaggio ancora sottovalutato della scena inglese ma che ha tantissimo da raccontare.
Il concerto gira intorno a quel disco dal vivo, riproponendolo in toto ad esclusione di”Walkin’ in the park” un brano che i Colosseum si portavano appresso dall’esperienza di Hiseman e Heckstall Smith a fianco di Graham Bond, quindi forse troppo doloroso per ricordi e affetti mancanti.
Al pubblico oggi maturo, anche se molti erano i ragazzi che guardavano a bocca aperta, estasiati, appare più chiaro il meccanismo dei pesi all’interno della formazione: Greenslade è il tessitore, Clempson dispensa temi e riff come si compete a un ottimo chittarista di blues inglese, la Thompson colora le parti con venature jazzistiche sicuramente più pericolose di quelle di Heckstall Smith visto la sua militanza nelle frange più moderne del jazz inglese mentre nelle retrovie Hiseman e Clarke offrono sostegno mai scontato permettendosi rovesciamenti di fronte e scarti improvvisi che solo la confidenza e la grande bravura ed unità ritmica possono permettere.



Il concerto, che inizia con ”Those about to die, salute you”(“Morituri te salutant”, dal primo disco) ha il momento centrale, proprio come nelle due toprunee italiane del 1971, in “Valentyne Suite”, il brano che riassume la cifra stilistica dei Colosseum. Nella data fiorentina è stato però il bis, la visionaria “Lost Angeles”, dal doppio Live che ha visto la formazione inglese superarsi: Clempson ha fatto la parte del leone, memore della sua lunga esperienza in una delle più grandi band di rock blues dei settanta, quegli Humble Pie a cui si unì dopo lo scioglimento dei Colosseum, prendendo il posto di Peter Frampton al fainco del grandissimo Steve Marriott.
La confidenza assunta in quegli anni sulla scena prevalentemente americana conferiscono oggi alla sua persona un ruolo più rilevante rispetto a quello che aveva negli originari Colosseum, quando era solo la nuova miglior speranza della chitarra blues inglese, giovanissimo, appena uscito dagli oscuri Bakerloo
(un disco su EMI Harvest). Clem e Clarke sul finale del concerto hanno rotto tutti gli indugi e, lasciatosi dietro gli orpelli di Greenslade e le rifiniture della Thompson hanno allungato il passo con una coda di rock blues di marca prettamente british. Jon Hiseman non se lo è fatto dire due volte; li ha seguiti di ben contento di picchiare duro e con la sua autorevole solidità. Da una parte del palco Chris Farlowe si divertiva come un pazzo zompettando come se il Fiammingo Club di Wardour Street avesse appena riaperto. Ma eravamo solo alla Flog ed a Firenze, quarant’anni dopo la Swingin’ London: Potenza della musica, quella buona!

Ernesto de Pascale

tutte le recensioni

Home - Il Popolo del Blues

NEWSLETTER

.
.
eXTReMe Tracker