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Lou Reed Firenze 2006
Lou Reed
Teatro Verdi, Firenze 25.02/2006
Pur ipotizzando che Lou Reed abbia compiuto il tour italiano dell’inverno 2006 alla ricerca di qualcosa che non c’è che non ha o solo di un’ispirazione, dobbiamo tristemente constatare che a Firenze non ha trovato né l’uno né l’altro.
Dopo i sessant’anni una tournée senza un nuovo disco nasconde, gioco forza, un motivo, una motivazione. Il motivo poteva, può, potrebbe essere una sperimentazione in prossimità di un nuovo disco, del materiale inedito da testare presso un pubblico che ti ama e ti rispetta.
L’artista newyorchese è però entrato in scena demotivato ed è uscito senza che il pubblico lo convincesse del contrario.
In più occasioni, Reed ha tentato di entrare in sintonia con la sua band, Mike Rahtke, Tony Smith, Fernando Saunder e Rob Wasserman ma quelle volte che ci sono riusciti il pubblico è rimasto inerme senza entrare nel loop, nell’onda sonora fatta di pressione ed unità
Per quanti avevano già visto Lou Reed dal vivo è stata una serata sprecata mentre per quelli che toccavano con mano l’arte del mito vivente per la prima volta, si è trattata di una serata interlocutoria che non ha sciolto alcun nodo sull’originalità e sulla genialità di Reed.
I più giovani si sono travati davanti a loro, infatti, un uomo che tentava di sperimentare senza riuscirci fino in fondo ma, ad ogni modo, costretto a passare, almeno qualche volta, attraverso la forma canzone mentre, era chiaro, che quello avrebbe preferito rifugiarsi per tutta la sera in una formula più pesante, monocorde, vicino al rumorismo.
Fra i momenti migliori: il talkin’blues di “The day John Kennedy died” e “My
Black Joystick”, pure New York City sound portato all’estremo.
Quando, richiamato scompostamente dal pubblico locale, Lou Reed ha dovuto suonare un brano celebre del repertorio di una volta, ha scelto “Sweet Jane “ ma era chiaro che avrebbe preferito essere già in albergo.
Sipario.
Ernesto de Pascale
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