The heat may shuffle from Mississippi, but this CD is nested in the best Chicago tradition offering haunting melodies and harp wizardry. Singer Inetta Visor and guitar players Steve Doyle and Chris Winters well support this new effort from harp master Pierre Lacocque, augmented by guest Carl Weathersby’s punchy solos.

E’ difficile trovare dei difetti a questo terzo sforzo di Pierre Lacocque per la Crosscut Records, un felice connubio tra uno dei più costanti e talentuosi bluesmen che si ricordi e un’etichetta che propone regolarmente dischi di qualità. In quasi 15 anni d’esistenza, Lacocque ha radunato intorno a Mississippi Heat molti capaci artisti, come Deitra Farr e Billy Flynn, che hanno in seguito spiccato il volo in beata solitudine. In questo “Glad you’re mine” ci sono tutti gl’ingredienti per un succulento piatto Chicagoano, a partire dalla cantante Inetta Visor, dall’ospite Carl Weathersby, che comincia l’iniziale “Dirty deal” con un intro chitarristico devastante fino alla sezione ritmica che marcia imperterrita per i 54 e passa minuti di questo CD. Anche i due chitarristi, Steve Doyle e Chris Winters non deludono: con assoli misurati e puntuali danno il cambio al leader, mentre Chris “Hambone” Cameron unge i meccanismi del gruppo con uguale perizia. Enunciandone i pregi, abbiamo già gettato una luce sui difetti, comunque relativi, di “Glad you’re mine”: un’abbondanza di mid-tempo che installa un filino di monotonia, figlia d’un certo perfezionismo, e una mancanza d’elementi nuovi che sfocia in un sentore di musica detta e ridetta. Più che di difetti si tratta di scelte strategiche che dipendono dalla volontà del leader. Difficile scegliere pezzi migliori o peggiori: “Dirty deal” si fa apprezzare per l’immediatezza mentre in “I’m a woman” di Leiber e Stoller viene offerta in versione bluesaccio polveroso con assolo slide al calor bianco. Bravissimo Lacocque in “Jamaican night”, siamo di fronte a un maestro nel suo genere, che per l’ennesima volta soddisferà i suoi numerosi estimatori e ne conquisterà inevitabilmente dei nuovi.

Luca LUPOLI