Sounds like a “rough dude” … Hardly a better definition could be found for Taildragger, an old-school Chicago singer who may lack in variety, but he makes up for in authenticity. Amongst gruff singing tainted by dangerous women and bad booze, luminaries Billy Branch and Lurrie Bell provide the best 2005 Chicago Blues release with breathtaking solos and support.

Registrato il 16 luglio 2005 al Vern’s Friendly Lounge, in quella che probabilmente fu una serata di caldo soffocante, “la mia testa é calva “ si propone come il miglior disco di Chicago Blues da un bel pezzo a questa parte. La ricetta é semplice, quasi banale: due grandi musicisti-artisti come l’armonicista Billy Branch e il chitarrista Lurrie Bell, un cantante magari poco famoso ma totalmente genuino come Tail Dragger, una sezione ritmica col bollino DOC Bob Stroger – e chi altri – al basso e Kenny Smith alla batteria. Niente può riuscire senza l’intervento casuale del fato: quel 16 luglio sono tutti in forma splendida, evento non consuetudinario, per scolpire a colpi di martello un Chicago Blues grezzo e sincero, senza fronzoli. Branch e Bell fanno il bello e il cattivo tempo, fraseggiano, s’inseguono, si tengono bordone sui lenti mentre la sezione ritmica assilla le melodie, anch’esse piuttosto rozze del cantante Tail Dragger, che non strascica solo la coda ma anche la voce, per non parlare dei ragionamenti passabilmente sconclusionati tra un pezzo e l’altro. Non ci sono canzoni veramente veloci, ma soprattutto mid-tempo e lenti, con un cameo di Jimmy Dawkins in “My head is bald”, uno shufflle “You gotta go”. Pochi avrebbero il coraggio d’iniziare un CD con un Blues lento al calor bianco – Sitting here singing my Blues – e ribadire i parametri di questa sfida impossibile per bluesmen “normali” con “Prison Blues”. Branch non ha mai suonato così bene e Bell, ormai da un decennio, vola a livelli stratosferici, gl’altri sono storia. E un plauso alla Delmark per aver inciso un altro disco indispensabile.

Luca Lupoli