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Joan Baez - Bowery Songs Joan Baez - Bowery Songs After ten years from wonderful Ring Them Bells, Joan Baez recorded another live album named Bowery Songs that captures her November 6, 2004, performance at the Bowery Ballroom in New York City. It features four previously unrecorded songs: Bob Dylan's "Seven Curses," Steve Earle's "Jerusalem," the hymn-like "Finlandia," and the traditional "Dink's Song." A dieci anni di distanza dall’ultimo live il bellissimo Ring Them Bells e a due dal sorprendente disco in studio Dark Chords On A Big Guitar, Joan Baez ha dato alle stampe un nuovo disco dal vivo che documenta lo splendido concerto del 6 novembre del 2004 alla Bowery Ballroom di New York e fornisce una piccola anticipazione di quello che potranno essere i concerti che la vedranno protagonista anche in Italia il prossimo aprile. Rispetto all’ultimo album in studio le interpretazioni di Joan in questo live risultano molto più naturali e questo grazie ad arrangiamenti meno percussivi e più basati sul più classico utilizzo delle chitarre acustiche. Significativo in questo senso è l’apporto della sua live band che vede George Javori come musical director e batterista, Duke McVinnie e Erik Della Penna alle chitarre e Graham Maby al basso. Il disco si snoda tra brani mai incisi da Joan come Jerusalem di Steve Earle o la magnifica Seven Curses di Bob Dylan e veri e propri cavalli di battaglia come Deportee di Woody Guthrie, Farewell, Angelina di Bob Dylan e il traditional Joe Hill, dedicato per l’occasione a Michael Moore. Il meglio però arriva con i brani tradizionali scelti per l’occasione, la ballata irish Carrickfergus, la famosa Jackaroe (già nel repertorio live di Jerry Garcia e dei Grateful Dead) e le oscure Silver Dagger e Dink's Song entrambe risalenti alle frequentazioni dilaniane di Joan Baez, la prima al tour del 1964 e la seconda alla Rolling Thunder Revue. Assolutamente imperdibili sono le nuove versioni di tre brani già incisi in Dark Chords On A Big Guitar ovvero, Rexroth's Daughter di Greg Brown, di Motherland di Natalie Merchant ma soprattutto di Christmas in Washington di Steve Earle. Questo disco contiene però qualcosa in più rispetto ad ogni altro disco (compresi quelli dell’ultimo Bob Dylan), e questo di più si chiama “impegno sociale”. Joan non ha mai smesso la sua lotta cominciata negl’anni sessanta e alla luce dell’attuale situazione dell’America e più in generale del mondo la sua opera ci sembra ancora fondamentale, per ricordarci che la libertà va conquistata e meritata sul campo. Chissà se qualche giovane musicista riuscirà a non trasformare la lotta politica come in un punto di forza commerciale? Salvatore Esposito
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