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Yoriyos – Bury My heart at Wounded Knee
(rarechords)
www.yoriyos.com

Yoriyos è il nome d’arte di Muhammad Islam, figlio di Yusuf Islam, oggi noto semplicemente come Yusuf ma con alle spalle una carriera come Cat Stevens. Il ragazzo, insomma, è nato sotto una buona stella, nonostante che al padre illustre tenti di non accennare mai, pubblicando sul suo sito una biografia romanzata in cui dice il minimo indispensabile su Yoriyos e niente su se stesso.
Poco importa però sapere o meno quale sia la vera identità di Yoriyos per rendersi conto che il suo album di debutto, che sembra fare di tutto per trasportare l’ascoltatore verso un immaginario che non ha niente a che vedere con la vita vera, non è affatto male.
Non ci vuole molto per capire che il titolo dell’album, Bury My heart at Wounded Knee, sia ispirato alle vicende degli indiani d’america ( Wounded Knee come il terribile massacro del 1890, diventato simbolo di tutti i soprusi subiti dai nativi americani). La copertina e il sito internet rafforzano ancora quest’immaginario, con disegni, simboli e grafica tutti ispirati al mondo degli indiani d’america.
E anche la musica, un cantautorato acustico che abbraccia country e Americana, sembra avere qualcosa di fortemente americano in sé.
Ma tutto questo, dicevamo, ha poco a che vedere con la vita vera. Yoriyos vive a Londra, ben lontano dai luoghi che dipinge e immagina. E ciò, in fin dei conti, è un punto in più a suo favore, assegnatogli per il coraggio di aver immaginato un mondo musicale lontano da quello in cui vive e essere riuscito a rappresentarlo.
L’album si apre con un paio di brani semplici e ciclici, giocati su pochi accordi, ma è destinato a scaldarsi e entrare nel vivo man mano che si procede tra le tracce. Dopo la velatamente country Kingdoms fall, arriva la buona Hurricane John, che comincia con una dolce introduzione di violoncello solo. Ottima l’intima Querido Che, seguita dal brano più catchy e ritmato del disco, Another Revolution, che trascina gli ascoltatori a cantare in coro all’ inno di “start another revolution”.
Ma la dimensione più congeniale a Yoriyos è quella intima, nuovamente valorizzata con un brano come “If all else fails”, che conduce verso la conclusione di un disco di debutto forse dalla produzione un po’ troppo semplice ma valido.

Giulia Nuti

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