Sono finalmente reperibili su cd, grazie alla ristampa dell’etichetta Sanctuary, i primi quattro album di una delle band minori della psichedelia inglese, gli Stray, fino ad oggi molto difficilmente reperibili sul mercato.
Quando la band si formò, nella Londra del 1966, i suoi componenti erano studenti sedicenni della Christopher Wren Secondary Modern di Shepherds Bush, infatuati, come molti dei loro coetanei, della scena mod e dei Beatles.
Fan degli Small Faces, gli Stray fecero il loro tentativo di imitare lo stile e il look del giovane gruppo mod acquistando i loro abiti nello stesso negozio di Carnaby Street dove, almeno da quanto si leggeva sui giornali, si servivano anche Marriot e compagni, studiando accuratamente il loro look come vere pop star anche nel giorno in cui, nel 1967, si recarono in un piccolo studio di Londra per registrare il loro primo demo.
L’esordio discografico vero e proprio arrivò solo tre anni più tardi, nel 1970, con l’etichetta Transatlantic.
Nel loro omonimo album di debutto (Stray), gli Stray sfoderano tutta l’energia di un gruppo mod di ventenni, unita ad un gusto marcato per il progressive e per il poco più che neonato hard rock. A differenza di molte rock band dell’epoca, gli Stray furono capaci di mostrare da subito una marcata vena pop da classifica, oltre alla capacità di saper sintetizzare bene nella loro musica le influenze di soul e rhythm & blues. Della cantabilità e orecchiabilità della loro musica ne è una prova la ottima “All in your mind”, pop quanto serve ma anche fortemente impregnata dall’influenza psichedelica che si stava diffondendo in Inghilterra. Nell’album c’è qualcosa anche dei Beatles, un modello per gli Stray che in questa prima fase della loro carriera sognavano ardentemente di diventare come loro.
Man mano che il tempo passava, gli Stray diventavano una realtà sempre più solida della scena underground londinese. I loro numerosi concerti dal vivo servirono a lanciare il loro primo album più di quanto non fece il lavoro di promozione dell’etichetta, che equivalse praticamente a zero.
Il gruppo era ottimo, ma il successo desiderato stentava ad arrivare, e in questo la Transatlantic ebbe le sue responsabilità. Era all’epoca un’etichetta piccola e focalizzata sul folk e sulla scena underground, non sul mercato del pop. Aveva budget limitati e non pubblicò in Inghilterra neanche un singolo per questo album, non accorgendosi maldestramente delle qualità di “All in your mind” che, nel frattempo, si era nominalmente elevata da sola allo status di singolo.
Il secondo capitolo della discografia degli Stray è Suicide, del 1971. A farla da padrone è ancora il poderoso combo di influenze diverse, che forza i confini del rock progressive. Nell’album spicca l’energica e ben scritta Jericho, in cui gli Stray sfoderano tutta la loro capacità di colpire con accordi sonori e riff compatti.
Ma non mancano neanche dei bei numeri più cantabili, come “Where do our children belogn?” oppure la più pop “dearest Eloise”, dove gli stray si dimostrano come nel primo disco capaci di tirare fuori a sorpresa una vena melodica un po’ alla Beatles. La ristampa include il brano Encore, un breve episodio conclusivo escluso dall’album originale.
Con il terzo capitolo della loro discografia (Saturday Morning Pictures, 1972), gli Stray piegano più in direzione undreground e psichedelica. Il disco nel suo insieme è più statico, con meno slanci creativi dei precedenti specialmente sul fronte della composizione. L’album si apre con il brano Our Song, introdotto da un incipit delicato e folk ma che presto esplode in una lunga digressione strumentale. Stesso accade al successivo After the storm, più rock fin dall’inizio ma che come il primo lascia spazio a lunghi assoli e improvvisazioni. Nell’album aumentano anche l’influenza blues e la presenza dei sintetizzatori, evidenti in brani come Sister Mary. La ristampa presenta 5 bonus tracks, tra cui un’interessante single edit di Our Song dove il brano, accorciato di due minuti, acquista notevolmente di efficacia.
Il quarto album è Mudanzas, del 1973, e segna una risalita di tono tutta in chiave Rhythm & blues. Gli Stray decisero di assumere un appeal più commerciale, producendo l’album che assicurò loro le vendite più consistenti della carriera. Mudanzas è un album di più facile ascolto rispetto al precedente, con brani più compatti, arrangiamenti più pop e curati grazie all’arrivo di Andrew Powell, mirati interventi di archi e sezione fiati. Ma soprattutto si avverte una forte sterzata verso blues e rhythm&blues, con avvincenti brani come Alright Ma !, Gambler, Hallelujah. E’ un album molto riuscito, che mette in mostra un lato tutto inedito del gruppo.
Forse fu un’etichetta troppo piccola, forse l’assenza di un manager come poteva essere Peter Grant per il Led Zeppelin, forse non trovarsi nel posto giusto al momento giusto che impedì agli Stray di ottenere il successo desiderato, ma rimangono tutt’oggi come una delle affascinanti realtà minori della musica inglese.
Giulia Nuti
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